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Le Leggi della Natura


Le Leggi della Natura

Una Giustizia Infallibile

Sua Divina Grazia

A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

INDICE

CAPITOLO 1

Dio e la legge del karma

CAPITOLO 2

Cattivo karma

CAPITOLO 3

La formula della pace

CAPITOLO 1

(Quanto segue si basa sulle confe­renze che Srila Prabhupada tenne sulla Sri Isopanisad nel 1968).

La Isopanisad afferma che Dio, la Persona Suprema, è “perfetto e completo”. Parte del piano completo del Signore per questo mondo materiale è il procedimento della creazio­ne, del mantenimento e della distruzione di questo stesso mondo. Ogni essere vivente in questo mondo materiale è forzato a passare attraverso sei stadi fondamentali: la nasci­ta, la crescita, il mantenimento, la riproduzione, il declino e la distruzione. Questa è la legge della natura materiale. Un fiore nasce nella forma di germoglio. Esso cresce, rimane fresco per due o tre giorni, produce un seme, appassisce gradualmente e poi muore. Non si può fermare questo ritmo con la cosiddetta scienza materiale. Cercare di farlo è avidya, ignoranza.

A volte la gente pensa scioccamente che con il progresso scientifico l’uomo diventerà immortale. Ma ciò non ha signi­ficato. Non si possono fermare le leggi della natura. Perciò nella Bhagavad-gita (7.14) Sri Krsna afferma che l’energia materiale è duratyaya, impossibile da superare con mezzi materiali.

La natura materiale è costituita di tre influenze, o guna: sattva guna, rajo guna e tamo guna, rispettivamente l’influenza della virtù, della passione e dell’ignoranza. Un altro signifi­cato di guna è corda. Una corda si fa intrecciando una deter­minata fibra tre volte. Per prima cosa si trasforma la fibra in tre piccoli fili, questi vengono poi intrecciati insieme, e poi, di nuovo tre di questi ultimi fili sono intrecciati fra loro. In questo modo la corda diventa molto forte. Similmente, le tre influenze della natura materiale, virtù, passione e ignoranza si mischiano fra loro, generando a loro volta un sottoprodot­to. Si mischiano quindi ancora una volta e un’altra volta ancora. In questo modo si intrecciano innumerevoli volte.

In questo modo l’energia materiale ci lega sempre più. Con i nostri sforzi personali non possiamo liberarci da que­sto legame, noto col termine pavarga. Pa-varga è il quinto gruppo di lettere nell’alfabeto sanscrito Devanagari. Esso – contiene le lettere pa, pha, ba, bha e ma. Pa sta per parisrama, “duro lavoro”. Ogni essere vivente in questo mondo sta lot­tando molto duramente per mantenersi e sopravvivere. Questo è ciò che si chiama la dura lotta per l’esistenza. Pha sta per phena, “schiuma”. Quando un cavallo lavora molto duramente, emette schiuma dalla bocca. Similmente, quan­do siamo stanchi di lavorare duramente, sentiremo che la nostra lingua si prosciuga e nella bocca si forma la schiuma. Tutti lavorano molto duramente per la gratificazione dei sensi, tanto duramente che a volte una schiuma bianca esce dalla bocca. Ba significa bandha, “legame”. Nonostante tut­ti i nostri sforzi, rimaniamo legati dalle corde delle influenze della natura materiale. Bha rappresenta bhaya, “la paura”. Nella vita materiale ci troviamo sempre in un pauroso fuoco ardente, perché nessuno sa cosa può accadere nel futuro. E infine ma sta per mrtyu, “la morte”. Tutte le nostre speranze e tutti i piani di felicità e sicurezza in questo mondo materia­le sono portati via dalla morte.

Ma la coscienza di Krsna annulla questo procedimento chiamato pavarga. In altre parole, accettando la coscienza di Krsna si ottiene l’apavarga, dove non c’è dura lotta per l’esi­stenza né legami materiali né paura né morte. Pavarga è il sintomo di questo mondo materiale, ma quando vi si aggiun­ge il prefisso “a”, la parola pavarga è annullata. Il nostro Movimento per la Coscienza di Krsna, infatti, è il sentiero dell’apavarga.

Sfortunatamente la gente non conosce queste cose, e per conseguenza spreca la propria vita. Questa civiltà moderna è una civiltà che uccide l’anima; la gente sta in sostanza uc­cidendosi perché non sa qual è la vera vita. Tutti si limitano a vivere come animali. L’animale non sa che cosa sia la vita; e si limita ad agire sotto le leggi della natura materiale, con­formandosi a un’evoluzione graduale, ma quando si ottiene questa forma di vita umana, si ha la responsabilità di vivere in un modo diverso. Allora si ha la possibilità di diventare coscienti di Krsna e di risolvere tutti i problemi: Se non lo facciamo, e continuiamo ad agire come animali, dovremo rientrare nel ciclo di nascite e morti e trasmigrare attraverso le 8.400.000 specie di vita. Ci vorranno poi molti, molti milio­ni di anni per ritornare alla forma di vita umana. Il sole che vediamo adesso, per esempio, lo rivedremo fra ventiquattro ore. Tutto nella natura si muove a cicli. Così se perdiamo questa opportunità di elevarci, dovremo entrare nel ciclo della trasmigrazione. La legge della natura è molto forte. Perciò stiamo aprendo moltissimi centri in modo che la gente possa avvantaggiarsi di questa Associazione Internazio­nale per la Coscienza di Krsna per potersi elevare.

È importante accettare immediatamente la coscienza di Krsna, perché non sappiamo quanto tempo ci rimane prima della morte. Quando il tempo assegnatoci in questo corpo sarà terminato, nessuno potrà evitarci di morire. La legge della natura materiale è così potente. Non si può dire: “Fam­mi rimanere ancora un po’”. In effetti, a volte c’è gente che fa una simile richiesta. Ricordo quando ero ad Allahabad, vidi un mio vecchio amico molto ricco che era in punto di morte. In quel momento stava supplicando il suo medico: “Non puoi darmi almeno altri quattro anni di vita? Ci sono dei progetti che non ho ancora potuto portare a termine”. Ma questa è follia. Tutti pensano: “Devo fare questo, devo fare quello”. No, né i dottori né gli scienziati possono fer­mare la morte: “No, signore. Non quattro anni, ma nemmeno quattro minuti. Devi andartene subito”. Questa è la leg­ge. Quindi prima che venga quel momento, dovremmo cercare di realizzarci nella coscienza di Krsna. Si dovrebbe realizzare la coscienza di Krsna al più presto. Prima che arrivi la nostra prossima morte dovremmo farla finita coi nostri affari. Questa è intelligenza. Altrimenti subiremo la sconfitta.

La Isopanisad afferma che qualsiasi cosa emani dal tutto completo, cioè dal Signore Supremo, è anche completa in se stessa. Perciò se vogliamo trarre vantaggio dalla nostra vita e diventare coscienti di Krsna, ne abbiamo la piena oppor­tunità. Bisogna però arrivare al punto di praticare effettiva­mente. La coscienza di Krsna non è teorica, è pratica. Tutti gli esperimenti sono già stati fatti. Quindi com’è indicato nella Sri Isopanisad, sono grandi le facilitazioni per le piccole unità complete in se stesse – cioè noi – di realizzare il Supremo Completo, Krsna. Noi siamo unità complete ma siamo piccoli. Facciamo un esempio: in una grande macchi­na c’è una piccola vite, e la perfezione di quella vite consiste nel trovarsi al suo giusto posto. Allora essa ha un valore. Ma se si svita dalla macchina e cade sul pavimento, la vite non ha più alcun valore. Similmente, noi siamo perfetti finché rima­niamo attaccati a Krsna, altrimenti siamo, inutili.

Realizzare il tutto completo significa realizzare la nostra relazione con esso. Tutte le forme di incompletezza sono sperimentate solo a causa di una conoscenza incompleta del tutto completo. Noi stiamo pensando: “Io sono uguale a Dio, lo sono Dio”. Questa è conoscenza incompleta. Ma se dicia­mo: “Io sono una particella di Dio, e perciò sono uguale a Dio in qualità”, questa è conoscenza completa. La forma di vita umana offre la possibilità di ravvivare la completa ma­nifestazione della coscienza dell’essere vivente. Si può rav­vivare questa coscienza completa con il metodo della co­scienza di Krsna. Ma se non approfittiamo di questa grande opportunità, allora stiamo praticamente togliendoci la vita, commettendo un suicidio. Come è detto nella Sri Isopanisad: “Chiunque uccida l’anima andrà sui pianeti degli infedeli dove regnano l’ignoranza e le tenebre”. Perciò cerchiamo di non diventare gli uccisori della nostra anima. Utilizziamo piuttosto la grande opportunità che ci offre la forma umana per diventare coscienti di Krsna. Questo è il nostro unico interesse.

Come spezzare i legami del karma

Nella vita condizionata commettiamo attività colpevoli ad ogni passo, perfino senza saperlo. La ragione per cui pecchiamo inconsciamente è che fin dalla nascita siamo av­volti nell’ignoranza. Sebbene esistano tante istituzioni a carattere educativo, questa ignoranza è preminente. Perché? Perché, nonostante le grandi università, in nessuna di esse si insegna l’atma tattva, la scienza dell’anima. Perciò la gente rimane nell’ignoranza e continuando a peccare, deve subirne le reazioni. Questo è affermato nello Srimad-Bhagavatam (5.5.3): paràbhavas tàvad abodha jàto yàvan na jijnasata àtma-tattvam. Questa stoltezza continuerà fino a che non si raggiunge il livello in cui si comprende la realiz­zazione spirituale. Altrimenti tutte queste università e isti­tuzioni destinate a coltivare la conoscenza, non sono che un proseguimento di quella stessa stoltezza e ignoranza. Finché non si arriva al punto di chiedersi: “Chi sono io? Chi è Dio? Che cosa è questo mondo? Qual è la mia relazione con Dio, e con questo mondo?” E se non si trovano poi le giuste rispo­ste, continueremo ad essere sciocchi come animali e saremo forzati a trasmigrare da un corpo all’altro in differenti specie di vita. Questo è il risultato dell’ignoranza.

La civiltà moderna quindi è molto rischiosa. Ci si può sentire completamente a proprio agio come un politico o un uomo d’affari, o pensare di godere di una situazione confor­tevole essendo nato in un Paese ricco come l’America, ma dobbiamo pensare che queste condizioni di vita sono tempo­ranee. Esse dovranno cambiare, e noi non sappiamo che genere di sofferenze dovremo subire nella prossima vita a causa delle nostre attività colpevoli. Quindi, se non comin­ciamo subito a coltivare la conoscenza trascendentale, cor­riamo certamente un grande rischio. Supponiamo che una persona in buona salute viva in un luogo molto infetto. Non sta forse mettendo in pericolo la sua vita? Egli potrebbe rimanere contagiato da una malattia ad ogni istante. Perciò noi dovremmo impegnarci a dissipare la nostra ignoranza coltivando la conoscenza trascendentale.

Un buon esempio del nostro inconsapevole coinvolgimento nel peccato si può avere quando cuciniamo. Nella Bhagavad-gita (3.13) Krsna dice che i Suoi devoti sono liberi dal peccato perché mangiano solo i resti del cibo che è stato offerto a Lui. Ma coloro che cucinano solo per sé, Egli dice, si cibano solo di peccato. La differenza fra il cucinare qui, in questo tempio e il cucinare in una qualsiasi altra casa, è che questo nostro cucinare e mangiare ci libera dal peccato, mentre il cucinare e il mangiare di un non-devoto non fa che coinvolgerlo sempre di più nel peccato. L’atto di cucinare sembra essere lo stesso, ma c’è differenza fra questo cucina­re e l’altro. Qui non esiste peccato perché il cibo è cucinato per Krsna.

Qualunque cosa si faccia, se non rientra nell’ambito delle attività coscienti di Krsna, ci lega alle influenze della natura materiale.. Generalmente siamo implicati in attività colpe voli. Coloro che sono un po’ più cauti evitano queste attività colpevoli e si impegnano in attività pie. Ma anche chi compie attività pie rimane impigliato. Se un uomo è pio, può rinasce­re in una famiglia molto ricca e aristocratica, o avere un aspetto fisico attraente, e ottenere l’opportunità di una vasta erudizione. Questi sono i risultati delle attività pie. Ma pii o empi, si deve rinascere nel grembo di una madre: E questa è una grande sofferenza, anche se noi l’abbiamo dimentica­to. Che si nasca in una famiglia ricca e aristocratica o dal corpo di un animale, i tormenti della nostra nascita; malattia, vecchiaia e morte continuano.

Il Movimento per la Coscienza di Krsna ha lo scopo di darci l’opportunità di risolvere questi quattro problemi – nascita, malattia, vecchiaia e morte. Ma se continuiamo a nutrirci di peccato e ad agire in modo colpevole, allora que­ste sofferenze proseguiranno. Possiamo invece neutralizza­re le reazioni del peccato arrendendoci a Krsna, come Egli stesso afferma nella Bhagavad-gita (18.66): “Abbandona tutte le tue cosiddette pratiche religiose e arrenditi a Me. Io ti proteggerò da tutte le reazioni del peccato”. Una parte del nostro abbandono a Krsna consiste nel cercare di non man­giare cibo che non sia stato prima offerto a Lui. Dovremmo sviluppare questa determinazione. Anche se abbiamo com­messo qualche peccato, mangiando prasadam, cioè il cibo offerto a Krsna, lo neutralizzeremo. Se ci arrendiamo a Krsna in questo modo, Egli ci proteggerà dalle reazioni alle attività colpevoli. Questa è la Sua promessa.

E dove va un devoto arreso, al momento della morte? Scompare forse, come dicono i nichilisti? No, Krsna dice, mam eti: “Egli viene a Me”. E qual è il beneficio di andare da Lui? Mam upetya punar janma duhkhàlayam asàsvatam nàpnuvanti: “Colui che viene a Me non deve tornare più in questo miserabile mondo materiale”. Questa è la perfezione più alta.

La Sri Isopanisad afferma: “Chiunque uccida l’anima andrà sui pianeti degli infedeli dove regnano le tenebre e l’ignoranza”. Krsna è un leone per i demoni e un agnello per i devoti. Gli atei dicono: “Non abbiamo mai visto Krsna”. Ma sì, tu vedrai Krsna- Lo vedrai come il leone della morte, quando alla fine verrà a catturarti. L’ateo vede Krsna nella forma della morte, ma il credente o il devoto vede Krsna come un amante, gentile come un agnello.

In effetti, tutti sono impegnati al servizio di Krsna, per amore o per forza. Colui che è invischiato nella vita materia­le, è impegnato al servizio di Krsna perché è forzato a servire l’energia esterna di Krsna, l’energia materiale. È proprio come per i cittadini di uno Stato: sia un cittadino obbediente sia un criminale, rimane sempre subordinato allo Stato. Il criminale potrà affermare che non gliene importa niente dello Stato, ma in tal caso la polizia lo forzerà ad accettare la legge dello Stato, mettendolo in prigione.

Perciò, che si accetti o si rifiuti la filosofia di Caitanya Mahaprabhu secondo la quale l’essere vivente è eternamen­te il servitore di Krsna, si rimane, in ogni modo, i Suoi servi­tori. L’unica differenza è che l’ateo è forzato ad accettare Krsna come suo padrone, mentre il devoto Gli offre volontariamente il suo servizio. Questo Movimento per la Con­scienza di Krsna vuole insegnare alla gente che siamo eterni servitori di Dio e dovremmo servirLo volontariamente: “Non proclamarti falsamente Dio. Non sei interessato a Dio? No, ti deve interessare”. Anche al grande demone Hiranyakasi- pu non importava niente di Dio, e allora Dio venne e Io uccise. Perciò Dio appare agli atei nella forma della morte è ai teisti come un amante. Questa è la differenza.

Se capisce questa filosofia della vita spirituale, un devoto, può vivere per un momento o per cento anni – non importa. Altrimenti qual è l’utilità della vita? Alcuni alberi vivono per 500 0 5.000 anni, ma qual è l’utilità della loro vita, priva di una coscienza elevata?

Se sappiamo di essere servitori di Krsna, e riconosciamo che tutto appartiene a Krsna, possiamo vivere per centinaia di anni eseguendo i nostri doveri e non ci saranno reazioni karmiche. Questo è confermato nella Bhagavad-gita (3.9), yajnarthat karmano ‘nyatra loko ‘yam karma-bandhanah: “Qualsiasi attività, buona o cattiva, se non è per Krsna, ci lega a questo mondo materiale:” Se si compiono attività vir­tuose, queste determineranno il cosiddetto godimento nella prossima vita – ma saremo in tutti i casi legati al ciclo di nascite e morti. E se si compiono attività empie, si dovrà soffrire per le reazioni del peccato e rimanere legati alla nascita e alla morte. Se invece le nostre attività sono dedica­te a Krsna, non ci saranno tali reazioni, buone o cattive, e al momento della morte ritorneremo da Lui. Questo è l’unico modo per spezzare le catene del karma.

Krsna, il proprietario supremo che controlla tutto

Nella Sri Isopanisad, la parola isa è usata per descrivere Dio, la Persona Suprema. Isa significa “Colui che controlla”., E voi pensate di essere controllati o no? C’è forse qualcuno in questo universo che non sia controllato? Chi può dire: “Io non sono controllato?” Nessuno può dirlo. Ma allora per­ché, anche se tutti sono controllati, esiste chi afferma di es­sere indipendente, di non essere controllato oppure di esse­re Dio? Questa è un’assurdità. Gli impersonalisti Mayavadi dichiarano: “Io sono Dio, tu sei Dio, tutti sono Dio”. Ma se sono controllati come possono essere Dio? Che senso ha tutto ciò? Dio non è mai controllato; è Lui che ha il supremo controllo. Quindi se qualcuno è controllato dovremmo capi­re subito che Egli non è Dio.

Naturalmente ci sono mascalzoni che affermano di non essere controllati. Io conosco un mascalzone di questo gene­re; ha costituito un’associazione e sta predicando di essere Dio. Ma un giorno lo vidi mentre si stava lamentando per un forte mal di denti: “Ohi!” E allora gli chiesi: “Tu dici di essere Dio, colui che controlla tutto, ma tu adesso sei con­trollato da un mal di denti. Che specie di Dio sei?” Quindi se vediamo qualcuno che dichiara di essere Dio o dice che tutti sono Dio, dovremmo sapere immediatamente che questa persona è un mascalzone di prima categoria.

Con questo, comunque, non voglio sostenere che gli es­seri viventi non abbiano alcun controllo entro certi limiti. Nella Bhagavad-gita Sri Krsna dice che gli esseri viventi sono la Sua energia superiore. Perché gli esseri viventi sono con­siderati energia superiore? Perché sono consapevoli; men­tre l’energia materiale non lo è. Perciò, sia pure in modo limitato, gli esseri viventi possono controllare l’energia materiale. Tutti gli oggetti di questo tempio e il tempio stesso, per esempio, sono costituiti di energia materiale: terra, acqua, fuoco e aria. Ma è stato l’essere vivente a manipolare l’energia materiale trasformandola in tutte queste cose allo scopo di adorare Krsna. Un altro esempio: prima che molta gente venisse qui dall’Europa, questa terra, l’America, era quasi spopolata. La gente che viveva qui prima non la sfrut­tava pienamente, ma quando gli Europei arrivarono la tra­sformarono in un Paese con grandi strade e grandi industrie.

Quindi l’energia superiore, l’essere vivente, può avere un certo controllo sull’energia materiale. Questo è spiegato da Krsna nella Bhagavad-gita (7:5): yayedam dhàryate jagat. L’importanza di questo mondo materiale è dovuta agli esse­ri viventi. Una grande città come Los Angeles, New York o Londra, ha valore finché vi si trovano gli esseri viventi. In modo analogo, il corpo ha valore finché l’essere vivente, l’anima, si trova all’interno di esso. L’anima quindi è supe­riore alla materia, ma questa superiorità è usata male perché la materia è sfruttata per la gratificazione dei sensi. Questa è la vita condizionata. Noi abbiamo dimenticato che, nono­stante siamo superiori alla materia, siamo comunque subor­dinati a Dio.

La gente di questa civiltà moderna non si interessa di Dio perché è inebriata dalla sua superiorità sulla materia. Tutti cercano soltanto di sfruttare la materia in modi diversi, ma dimenticano che tutti, americani, russi, cinesi, indiani, sono subordinati a Dio. Hanno dimenticato Krsna e vogliono godere di questo mondo materiale. Questa è la loro malattia:

Il dovere del devoto del Signore consiste, quindi, nel rav­vivare la coscienza di Krsna negli altri. Il devoto spiega a tutti: “Siamo superiori alla materia ma subordinati a Krsna. Perciò non dovremmo cercare di godere della materia, ma usarla piuttosto per il Suo piacere”. Noi, per esempio, abbiamo decorato questo tempio non per la nostra gratificazione dei sensi, ma per il piacere di Krsna. Qual è dunque la diffe­renza fra noi e la gente in generale? Tutti decorano il loro appartamento molto bene, e anche noi decoriamo questo posto con cura ma lo scopo è diverso. Noi lo facciamo per Krsna e loro lo fanno per se stessi. Sia decorando il proprio appartamento personale che decorando il tempio di Krsna, la superiorità sulla materia rimane, perché si sta utilizzando la materia per i propri scopi. Tuttavia, quando utilizziamo la nostra intelligenza per manipolare la materia al servizio di Krsna, la nostra vita è un successo, mentre quando appli­chiamo la stessa intelligenza nel cercare la nostra gratifica­zione dei sensi, rimaniamo invischiati nella natura materiale e diventiamo preda dell’ansia. E allora dovremo cambiare corpo, uno dopo l’altro.

Krsna è il Supremo, e controlla sia l’energia inferiore, la materia, sia l’energia superiore, il jivàtmà, noi stessi. Noi siamo l’energia superiore di Krsna perché possiamo control­lare il mondo materiale, ma il nostro controllo ha delle con­dizioni. Mentre il nostro controllo è limitato a questo mondo materiale, Krsna controlla noi; perciò qualunque controllo noi possiamo avere, è sanzionato da Lui. Un essere umano, per esempio, ha costruito questo bel microfono usando la sua intelligenza. Questo significa che è stato capace di controllare la materia, entro certi limiti, per soddisfare i suoi desideri. Ma da dove è venuta la sua intelligenza? Krsna ha dato all’uomo la sua intelligenza superiore. Nella Bhagavad­gita (15.5) Krsna dice, sarvasya càham hrdi sannivisto mattah smrtir jnànam apohanam ca: “Io sono nel cuore di ogni es­sere e da Me viene il ricordo; la conoscenza e l’oblio”. Perciò il controllore supremo dà l’intelligenza all’energia superiore nella forma del corpo umano: “Fa’ questo adesso, fa’ quel­lo”. Queste direttive non sono date a capriccio. Se una per­sona voleva fare qualcosa nella sua vita passata, ma nella sua vita presente l’ha dimenticato, allora Krsna glielo ricorda: “Volevi fare questo? Ecco qui c’è un’opportunità”. Così anche se si è dotati di un’intelligenza superiore, si è controllati da Krsna. Se Krsna ci dà l’intelligenza, allora noi possia­mo produrre un bel microfono come questo, altrimenti no. Perciò in ogni condizione di vita siamo controllati da Krsna.

Possiamo vedere inoltre che Krsna controlla anche il li­vello universale. Esistono, per esempio, molti grandi piane­ti; questo pianeta Terra è uno fra i più piccoli. Tuttavia su questo pianeta ci sono grandi oceani come l’Atlantico e il Pacifico, e anche grandi montagne e grattacieli. Eppure no­nostante tutto questo peso, la terra fluttua nell’aria come un fiocco di cotone. Chi la fa fluttuare? Sarebbe forse possibile per noi far fluttuare nell’aria un granello di sabbia? Possia-mo parlare della legge di gravità e di tante altre cose, ma non possiamo controllarle. Un aeroplano può volare nell’aria, ma non appena il combustibile è finito, l’aereo cade imme­diatamente: Perciò, se sono richiesti tanti scienziati per co­struire un aeroplano che può volare solo temporaneamente nell’aria, è possibile che questo grande pianeta stia volando da sé? No. Sri Krsna afferma nella Bhagavad-gita (15.13): “Io entro nei pianeti materiali e li tengo sospesi”. Proprio come per tenere un aeroplano sospeso in aria è necessario un pilota, così Krsna è entrato in questo pianeta e fa sì che fluttui nello spazio. Questa è la semplice verità.

Noi dobbiamo acquisire la conoscenza da Krsna. Non dovremmo accettare alcun altro metodo per ottenere la co­noscenza, se non ascoltando da Krsna e dal Suo rappresentante. Allora avremo una conoscenza di prima categoria. Se possiamo trovare un’autorità che rappresenti Krsna e sappia esporre l’argomento, e accettiamo la conoscenza che trasmette, allora la nostra conoscenza sarà perfetta. Fra tutti i metodi per ricevere la conoscenza, il meno attendibile è la percezione sensoriale diretta. Supponiamo che qualcuno ci chieda: “Puoi mostrarmi Dio?” Questo significa che egli vuole sperimentare tutto direttamente. Ma questo metodo di acquisizione è di seconda categoria, perché i nostri sensi sono imperfetti e noi siamo soggetti a commettere errori. Suppo­niamo di aver bisogno di una certa quantità d’oro; ma di non, sapere dove acquistarla. Ci rechiamo allora dal proprietario di un negozio di ferramenta e chiediamo: “Ha dell’oro da vendere?” Egli capirà subito che siamo degli emeriti scioc­chi perché stiamo cercando l’oro in un negozio di ferramen­ta. Perciò cercherà di ingannarci. Egli ci darà un pezzo di ferro e dirà: “Ecco qui l’oro”. E cosa diremo allora? Accet­teremo il ferro come se fosse oro? Poiché non sappiamo che cos’è l’oro e siamo andati a cercarlo in un negozio di ferra­menta, avremo comprato un pezzo di ferro e saremo imbro­gliati. Similmente i mascalzoni che pretendono che sia mo­strato loro Dio, non sanno cosa sia Dio, e perciò sono ingan­nati da falsi “leaders” spirituali che affermano di essere loro stessi Dio. Tutto questo sta realmente accadendo.

Se si vuole acquistare oro, bisogna avere almeno una conoscenza preliminare di che cosa sia l’oro. Similmente se vogliamo vedere Dio, il primo requisito è che dobbiamo conoscere alcune delle caratteristiche fondamentali di Dio. Altrimenti se andiamo da qualche mascalzone che dichiara di essere Dio, e noi lo accettiamo come tale, saremo imbro­gliati.

C’è un’altra domanda che dovremmo porre a qualcuno ché dichiara dì voler vedere Dio. La domanda è: “Che qua­lifica hai tu per vedere Dio?” Dio non è così a buon mercato che può essere visto da chiunque. No, il Movimento per la Coscienza di Krsna non presenta cose a buon mercato o prive di significato. Se vuoi vedere Dio faccia a faccia, allora devi seguire le regole. Devi cantare Hare Krsna e purificarti. Poi gradualmente arriverà il momento in cui ti sarai purifi­cato e potrai vedere Dio.

Tuttavia, sebbene nella presente condizione contamina­ta tu non sia qualificato per vedere Dio, Dio è così gentile che ti permette di vederLo nella Sua forma di Divinità nel tempio. In quella forma Si lascia vedere da tutti, che sappia­no o no che Egli é Dio. La Divinità non è un idolo, non è immaginazione. La conoscenza richiesta per costruire la Divinità e il modo di installarLa sull’altare è ricevuta dalle Scritture e dai precedenti acarya; i maestri spirituali. Perciò la divinità autentica nel tempio è Krsna stesso e può piena­mente ricambiare l’amore e il servizio.

Con i nostri ottusi sensi attuali, comunque, non possia­mo percepire immediatamente la forma spirituale di Dio, il Suo nome, le Sue qualità, i Suoi divertimenti e tutto ciò che Lo riguarda. E poiché nella civiltà presente le persone non hanno la capacità di capire Dio, e non sono guidati da qual­che persona che possa aiutarli a capire Dio, non credono in Lui. Ma se leggiamo le Scritture vediche, come la Sri Isopanisad e la Bhagavad-gita con l’aiuto di una guida supe­riore, e seguiamo le regole, alla fine Dio Si rivelerà a noi. Non si può vedere o capire Dio con i propri sforzi personali. Bisogna sottoporsi al procedimento con il quale Dio può essere conosciuto. Allora Egli si rivelerà. Egli è il Control­lore Supremo, ma noi siamo controllati. Come possiamo dunque controllare Dio? “Dio vieni qui, voglio vederTi”. Ma Dio non è così a buon mercato da lasciarSi vedere da noi con un semplice ordine. No, questo non è possibile. Dobbia­mo sempre ricordare: “Dio è il Controllore Supremo e lo sono controllato. Così, se posso soddisfare Dio con il mio servizio, allora Egli Si rivelerà a me”. Questo è il metodo per conoscere Dio.

In definitiva questo procedimento ci porta all’amore per Dio. Questa è la vera religione. Non importa se si segue la religione indù, musulmana o cristiana: se permette di svilup­pare l’amore per Dio, la pratica religiosa è perfetta. E che genere di amore dovremmo sviluppare per Dio? L’amore deve essere libero da qualsiasi motivazione personale. “O Signore, Ti amo perché Tu mi dai tante belle cose. Tu mi procuri tutto ciò che voglio”. No, non dovremmo desiderare questo genere di amore per Dio. L’amore non dovrebbe dipendere da qualche tipo di scambio.

Sri Caitanya Mahàprabhu ha insegnato: “O Signore, puoi schiacciarmi sotto i Tuoi piedi, abbracciarmi o spezzarmi il cuore con la Tua assenza, non importa. Tu sei completamente libero di fare qualsiasi cosa, perché sei l’eterno Si­gnore che io adoro incondizionatamente”. Questo è amore. Dovremmo pensare: “Dio può fare tutto ciò che vuole, ma io Lo amerò sempre e non desidero niente in cambio: “Questo è il genere di amore che Krsna desidera. Ecco per­ché Egli è così affezionato alle gopi. Nell’amore delle gopi, non vi è questione di scambi commerciali: “Dammi questo e allora Ti amerò”. Il loro amore è puro, incondizionato, senza alcun impedimento. Se cerchiamo di amare Dio in questo modo, niente al mondo ci può fermare. Dobbiamo solo sviluppare un grande desiderio: “Krsna, Ti voglio”. Tutto qui. Allora non troveremo ostacoli. In qualsiasi con­dizione, il nostro amore aumenterà. Se arriviamo a quello stadio, saremo pienamente soddisfatti. Dio non vuole che noi Lo amiamo per qualche Suo tornaconto. È per il nostro beneficio. E se ci comportiamo diversamente, non saremo mai felici.

Dio e le sue energie

La Sri Isopanisad spiega che tutto ciò che vediamo, ani­mato o inanimato che sia, è controllato dal Signore Supre­mo. Sri Krsna dice la stessa cosa nella Bhagavad-gita (9.10) -le Sue energie gestiscono tutto. E il Visnu Purana confer­ma, eka-desa sthitasyàgner jyotsna vistàrini yathà: “Come là luce e il calore sono distribuiti tutt’intorno da un fuoco situa­to in un luogo, così tutta la creazione non è che una manife­stazione dell’espansione delle energie del Signore Supremo. Il sole, per esempio, è situato in un punto preciso, ma distri­buisce la sua luce e il suo calore in tutto l’universo. Simil­mente, il Signore Supremo distribuisce le Sue energie mate­riali e spirituali in tutta la creazione.

L’energia spirituale è presente in questo mondo materiale temporaneo, ma è coperta dall’energia materiale. Il sole, per esempio, risplende sempre nel cielo – nessuno può impedire al sole di brillare – ma a volte esso è coperto da una nube. Quando questo accade, la luce del sole ne rimane offuscata. Più il sole è coperto e più la luce è offuscata. Ma questa copertura del sole è parziale. La luce del sole non può essere coperta completamente. Ciò non è possibile. Una parte insignificante della sua luce, può essere coperta da una nube. Analogamente, questo mondo materiale è una parte insignificante del mondo spirituale che è coperta dall’energia materiale.

E che cos’è l’energia materiale? L’energia materiale non è che un’altra forma dell’energia spirituale. Essa si manife­sta in assenza di attività spirituali. Prendiamo di nuovo l’ana­logia del sole e della nuvola. Che cos’è una nuvola? Essa è un effetto del sole. Il sole fa evaporare l’acqua dal mare, e si forma una nube. Così il sole è la causa della nube. Similmen­te il Signore Supremo è la causa di questa energia materiale, che ci impedisce di vedere Lui.

Ci sono dunque due energie che operano in questo mondo materiale: l’energia spirituale e l’energia materiale. L’ener­gia materiale consiste di otto elementi materiali: terra, ac­qua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego, che sono esposti qui dal più grossolano al più sottile. L’acqua è più sottile della terra, il fuoco è più sottile dell’acqua e così via.

Così più l’elemento è sottile, più esso è potente. Alla velocità della mente, per esempio, si possono percorrere molte migliaia di miglia in un secondo. Ma perfino più poten­te della mente è l’intelligenza, e perfino più potente dell’intelligenza è l’energia spirituale. Che cos’è l’energia spiritua­le? È spiegata da Krsna nella Bhagavad-gita (7.5), apareyam itas tv anyam prakrtim viddhi me paràm jiva bhutam: “Al di là della Mia energia materiale inferiore, c’è un’altra energia che è spirituale ed è costituita dagli esseri viventi”.

Anche noi, esseri viventi, siamo energia, ma siamo ener­gia superiore. Perché siamo energia superiore? Perché pos­siamo controllare l’energia inferiore, la materia. La materia non ha capacità di agire da sola. Un aeroplano può volare nel cielo, ma a meno che non ci sia a guidarlo l’energia spirituale, il pilota, esso è inutile. Un aereo rimarrà nell’aeroporto per migliaia di anni senza volare, a meno che la piccola particella di energia spirituale, il pilota, lo tocchi. Qual è dunque la difficoltà nel comprendere Dio? Se perfino le grandi macchine non possono muoversi senza il tocco dell’energia spiritua­le, l’essere vivente, come si può pensare che tutta questa ener­gia materiale funzioni automaticamente senza alcun control­lo? Chi sosterrebbe un’affermazione così sciocca? Perciò co­loro che non possono capire come questa energia materiale sia controllata dal Signore Supremo, sono meno intelligenti. Coloro che non credono in Dio, e pensano che questa energia materiale funzioni automaticamente, sono degli sciocchi.

La Sri Isopanisad afferma: “Tutto, animato o inanimato, è posseduto e controllato da Dio, la Persona Suprema”. Es­sendone il Controllore Supremo, Egli è anche il Proprietario Supremo. Nella nostra esperienza pratica vediamo che colui che controlla un giro d’affari è il proprietario. Similmente, poiché Dio controlla questo mondo materiale, Egli ne è anche il proprietario. Ciò significa che, per quanto è possibile, do­vremmo impegnare tutto al servizio del Signore.

Ma che dire poi delle nostre necessità? Questo è spiegato nella Sri Isopanisad: “Noi dobbiamo usare solo il necessario e prendere solo la parte che ci è stata assegnata, sapendo bene a chi tutto appartiene”. Coscienza di Krsna significa capire le cose per quello che sono. Quindi se noi ci limitiamo a comprendere questi princìpi, saremo ben situati in coscienza di Krsna.

La posizione di Krsna

La Sri Isopanisad afferma: “Sebbene rimanga sempre nella Sua dimora, Dio, la Persona Suprema, è più, veloce del pensiero, e nessuno è veloce come Lui. I potenti esseri cele­sti, incaricati dei diversi fenomeni naturali come l’aria e la pioggia, non possono avvicinarLo. Egli li controlla tutti sen­za doverSi spostare. La Sua perfezione è senza pari”. La Brahma-samhita dice qualcosa di simile: goloka eva nivasaty akhilàtma bhútah. Sebbene Krsna si trovi sempre a Goloka Vrndàvana, Egli è simultaneamente presente nel cuore di tutti gli esseri viventi.

Krsna non ha alcun dovere da compiere a Goloka Vrndàvana. Egli sta semplicemente divertendoSi insieme coi Suoi compagni, le gopi e i pastorelli, Sua madre e Suo padre, le Sue mucche e vitelli, e così via. Egli è completamente libero e i Suoi compagni sono perfino più liberi di quanto non sia Lui; infatti, quando essi sembrano essere in pericolo, Krsna prova una certa ansia pensando al modo di salvarli. I Suoi compagni invece non provano alcuna ansia. Essi pensano soltanto: “Oh, Krsna è qui e ci proteggerà”. Quando a Vrndàvana in India esibì i Suoi divertimenti, 5.000 anni fa, Krsna andava ogni giorno con i Suoi amici pastorelli e le mucche e i vitelli a giocare nella foresta, sulle rive del fiume Yamuna. E spesso Kamsa mandava qualche demone per cercare di uccidere Krsna e i Suoi amici: Tuttavia i pastorelli continuavano a godere dei loro divertimenti senza alcu­na ansia, perché tutti avevano piena fiducia nella protezione di Krsna. Questa è la vita spirituale, che ha inizio con l’arren­dersi a Krsna.

Arrendersi a Krsna significa avere la ferma fede che Krsna ci salverà in ogni situazione pericolosa. II primo passo in quella direzione è che dovremmo accettare tutto quello che è favorevole al servizio devozionale. Dovremmo inoltre ri­fiutare tutto ciò che è sfavorevole al servizio devozionale. Lo stadio successivo è la fiducia che Krsna ci proteggerà e ci manterrà in qualsiasi situazione. In effetti, Egli sta già man­tenendo e proteggendo tutti. Questo è un fatto. Ma, immersi nell’illusione (maya), pensiamo di essere noi a proteggere noi stessi q a procurarci il cibo.

Krsna Si prende personalmente cura del mantenimento e della protezione dei devoti, ma per gli esseri viventi comu­ni, è Maya-devi, l’energia esterna di Krsna, che se ne occupa. Maya-devi è la rappresentante di Krsna che punisce le anime condizionate. La situazione è simile a quella che vedia­mo nello Stato: i buoni cittadini sono direttamente soggetti alla cura del governo, mentre i criminali sono gestiti dal governo attraverso il dipartimento delle prigioni. Nella pri­gione il governo assicura ai detenuti cibo a sufficienza, e cure mediche in caso di malattia. Il governo si occupa di loro – ma tenendoli soggetti a punizione.

Analogamente, in questo mondo materiale Krsna ha cer­tamente organizzato tutto bene per noi, ma ha anche previsto eventuali punizioni. Se si commette questo peccato, ecco uno schiaffo. Se si commette l’altro peccato, ecco un calcio: Tutto questo funziona sotto la direzione delle triplici forme, di sofferenza materiale – quelle causate dal corpo e dalla mente, quelle causate da altri esseri viventi, e quelle causate da calamità naturali, che sono soggette alla supervisione degli esseri celesti. Sfortunatamente, invece di capire che stiamo subendo una punizione per le nostre attività colpevoli, illusi, da màyà pensiamo che questi schiaffi, calci e legnate siano accidentali. Questa è illusione.

Non appena accettiamo la coscienza di Krsna, Krsna co­mincia a curarsi personalmente di noi. Come Egli promette nella Bhagavad-gita (18.66): “Mi occuperò di te. Ti libererò da tutte le reazioni del peccato, non temere”. Poiché abbia­mo vissuto tante vite in questo mondo materiale, stiamo soffrendo a causa di enormi quantità di reazioni colpevoli. Ma non appena ci arrendiamo a Krsna, Egli immediatamen­te Si occupa di noi, e neutralizza tutte le reazioni dei nostri peccati. Krsna dice: “Non esitare”. Non pensare: “Ho com­messo tanti peccati, come può Krsna salvarmi?” No, Krsna è onnipotente, Egli può salvarci. Il nostro dovere consiste nell’arrenderci a Lui, e nel dedicare senza riserve la nostra vita al Suo servizio. Allora Krsna senza dubbio ci salverà.

Krsna: un apparente paradosso

La Sri Isopanisad afferma: “Il Signore Supremo Si muo­ve e non Si muove. Infinitamente lontano Egli è anche molto vicino. Presente in ogni essere vivente e in ogni cosa, Egli è anche all’esterno di tutto ciò che esiste”. Come può Krsna muoverSi e non muoverSi? Facciamo un esempio: il sole di mezzogiorno splende sulla nostra testa. Ma se noi cominciamo a camminare vedremo che il sole verrà con noi. Circa quaranta anni fa, quando ero ancora un capofamiglia, una sera stavo camminando con il mio secondo figlio. Egli aveva quattro anni. All’improvviso egli disse: “Papà perché la luna ci sta seguendo?” Ma non è così. La luna e il sole sono in un punto fisso nel cielo, eppure sembra che si muovano con noi. In modo simile, se stiamo viaggiando in un aereo o in un treno, vedremo che la luna e il sole stanno venendo con noi.

Quindi se questo è possibile per il sole e la luna, perché Krsna non può camminare con noi? “Sebbene Si trovi molto lontano, Egli è anche molto vicino”. In altre parole, anche se Krsna si trova a Goloka Vrndàvana, e sta godendo dei Suoi divertimenti con i Suoi compagni, Egli è simultaneamente ovunque in questo mondo materiale: Perciò il Signore Su­premo, Si muove e non Si muove.

Se il Signore, Krsna, non fosse presente sia qui sia a Goloka Vrndàvana, come potrebbe accettare il cibo che i devoti Gli offrono? Egli può immediatamente stendere la Sua mano, se una persona Gli offre qualcosa con devozione. Nella Bhagavad-gita (9.26) Krsna dice, tad aham bhakty-upahrtam asnàmi: “Se qualcuno Mi offre qualcosa con fede e amore lo accetto”. Qualcuno potrebbe chiedere: “Ma come può Krsna mangiare la tua offerta, se Egli Si trova lontano a Goloka Vrndàvana?” Sì, Egli l’accetta e la mangia, purché sia offerta con devozione.

Così Krsna è presente ovunque, e può manifestarSi ovun­que immediatamente, ma bisogna essere qualificati per chiamarLo. Se qualcuno è veramente un devoto, Krsna verrà immediatamente a proteggerlo. Il demone Hiranyakasipu sfidò suo figlio, il devoto Prahlada: “Dov’è il tuo Dio? Tu dici che Egli è in ogni luogo. Allora Egli Si trova anche in questa colonna nel mio palazzo? Tu pensi che il tuo Dio sia anche qui? Bene, adesso io Lo ucciderò”. Hiranyakasipu immediatamente fece a pezzi la colonna, allora Krsna uscì dalla colonna nella forma di Nrsimhadeva, metà uomo e metà leone e uccise il demone. Questo è Krsna.

Così Krsna può manifestarSi in ogni luogo, perché Egli è presente ovunque. Questo è spiegato nella Sri Isopanisad: tad antarasya sarvasya tad usarvasyàsya bàhyatah. “Presente in ogni essere e in ogni cosa, Egli è anche all’esterno di tutto ciò che esiste”. Questo mantra vedico prova che il Signore è ovunque. Qualunque cosa sia affermata dai Veda è un fatto. À meno che non si accettino i Veda come verità assiomatica, non si potrà fare alcun progresso nella coscienza di Krsna. Anche nella matematica sono molte le verità assiomatiche, un punto non ha larghezza o lunghezza, cose uguali ad una stessa cosa sono uguali fra loro, e così via. Queste sono verità assiomatiche e noi dobbiamo accettarle, se vogliamo imparare la matematica. Similmente, i Veda contengono verità assiomatiche, e noi dobbiamo accettare i Veda come assiomatici, se vogliamo progredire spiritualmente.

A volte i Veda sembrano contraddire se stessi, ma nono­stante ciò dobbiamo accettare tutte le ingiunzioni vediche. In accordo alle ingiunzioni vediche, per esempio, toccando l’osso di un animale ci si contamina e si dovrebbe fare un bagno. Una conchiglia è anch’essa l’osso di un animale, ep­pure la conchiglia è usata nella stanza delle Divinità, dove tutto deve essere assolutamente puro. Non si può obiettare: “Oh, è detto che un osso è impuro e appena lo si tocca ci si contamina. E allora perché c’è una conchiglia nella stanza delle Divinità?” No, non c’è posto per tali argomentazioni. Si deve accettare il fatto che mentre le ossa in generale sono impure, la conchiglia è così pura che può essere utilizzata nella stanza delle Divinità.

Similmente si deve considerare assiomatico l’ordine del maestro spirituale. Non si può obiettare. E in questo modo è possibile avanzare. Non si può discutere di cose che per noi sono inconcepibili. Andremmo incontro a un sicuro falli­mento. Le ingiunzioni vediche e gli ordini del maestro spirituale devono essere accettate come verità assiomatiche. Tutto questo non è dogmatico perché anche i maestri spirituali che ci hanno preceduto hanno accettato questo principio. Se noi mettiamo in discussione le istruzioni del maestro spirituale non si arriverà mai a una conclusione. Le argomentazioni andranno avanti senza fine: tu hai la tua opinione e io la mia … ma non è questo il procedimento.

Come afferma il Mahabharata: tarko ‘pratisthah srutayo vibhinnà, la semplice argomentazione e la logica non posso­n mai portarci a una conclusione finale, a causa dei differenti Paesi e delle diverse circostanze, infatti, ogni Scrittura dif­ferisce da un’altra. E allora nasav rsir yasya matam na bhinnam: per quello che riguarda la speculazione filosofica, un filosofo propone la sua teoria, ma poi un altro filosofo arriva e presen­ta una teoria diversa; e le teorie si contraddicono sempre. A meno che un filosofo non sconfigga l’altro, non può diventare famoso. Questo è il mondo della filosofia. Ma allora come è possibile apprendere la verità filosofica conclusiva? I Veda affermano: dharmasya tattvam nihitam guhàyam.

Il segreto del procedimento religioso è nascosto nel cuore delle anime realizzate. E come lo si realizza? Mahàjano yena gatah sa panthàh: bisogna seguire le orme delle grandi personalità spirituali. Perciò dobbiamo cercare di seguire Sri Krsna e Sri Caitanya. Questa è la perfezione. Si debbono accettare le ingiunzioni dei Veda, e seguire le istruzioni del maestro spi­rituale autentico. Allora il successo è sicuro.

Il Signore e la Sua energia – unità nella diversità

La Sri Isopanisad afferma: “Colui che in tutti gli esseri viventi vede la scintilla spirituale, qualitativamente uguale al Signore, conosce la vera natura delle cose. Come potreb­bero l’illusione o l’angoscia impadronirsi di lui?” Questa realizzazione è coscienza di Krsna. Ci sono differenti forme di realizzazione, ma il devoto di Krsna realizza la verità – noi siamo qualitativamente uguali al Signore ma, in quanti­tà, diversi da Lui. Gli impersonalisti pensano che noi siamo uguali al Signore, la Verità Suprema e Assoluta al cento per cento. Ma questo non è vero. Se noi fossimo al cento per cento uguali al Signore, come si spiegherebbe il fatto che ci troviamo sotto il controllo di maya (l’illusione)? Gli imper­sonalisti non sanno rispondere a questa domanda.

La reale natura della nostra identicità con il Supremo è descritta nella letteratura vedica con l’analogia delle scintil­le e del fuoco. Le scintille di un fuoco posseggono la stessa qualità del fuoco, tuttavia in quantità sono diverse. Ma quan­do la piccola scintilla si allontana dal fuoco e cade nell’acqua, la sua qualità di fuoco scompare. Similmente, quando l’anima infinitesimale lascia la compagnia del Signore e viene a contatto, con l’influenza dell’ignoranza, la sua qualità spiri­tuale si estingue quasi del tutto. Quando una scintilla cade sulla terra, allora la scintilla trattiene un po’ di calore. Ana­logamente, quando l’essere vivente è a contatto con la pas­sione, c’è speranza che possa ritrovare la sua coscienza di Krsna. E se la scintilla cade sull’erba secca, può dare inizio a un altro fuoco e ritrovare tutte le sue qualità originali. In modo analogo, una persona influenzata dalla virtù può av­vantaggiarsi pienamente della compagnia spirituale, e ritro­vare facilmente la coscienza di Krsna. Perciò in questo mon­do materiale bisogna elevarsi alla piattaforma della virtù.

Di nuovo, l’analogia del fuoco può aiutarci a capire la simultanea unità e differenza del Signore e delle Sue ener­gie. Il fuoco ha due energie principali, il calore e la luce. Dovunque ci sia fuoco, c’è calore e luce. Il calore non è diverso dal fuoco, e nemmeno lo è la luce. Tuttavia né il calore, né la luce, sono il fuoco. Si può comprendere l’universo intero in modo analogo. L’universo è costituito soltan­to dalle energie di Krsna, e perciò niente è diverso da Krsna. Tuttavia Krsna è distinto da tutto ciò che esiste in questo universo materiale.

Così tutto ciò che vediamo all’interno del mondo mate­riale o del mondo spirituale non è che un’espansione delle varie energie di Krsna. Questo mondo materiale è un’espan­sione dell’energia esterna di Krsna (bahiranga sakti), il mon­do spirituale è un’espansione della Sua energia interna (antararega sakti), e noi, gli esseri viventi, siamo un’espansione della Sua energia marginale (tatastha sakti). Noi siamo sakti, energia, non siamo la fonte dell’energia.

I filosofi Mayavadi affermano che non essendo le energie al di fuori del Brahman, la fonte dell’energia, esse sono iden­tiche al Brahman stesso. Ma questo è il monismo. La nostra filosofia Vaisnava spiega invece che l’energia è simultanea­mente uguale e differente dalla fonte dell’energia. Possiamo di nuovo fare l’analogia del fuoco e del calore: quando per­cepiamo calore, possiamo capire che deve esserci del fuoco nelle vicinanze, ma ciò non significa che a causa di questo calore, noi ci troviamo nel fuoco. Perciò il fuoco e il calore, l’energia e la sua fonte, sono tutt’uno, ma nello stesso tempo sono differenti.

Quindi il concetto Mayavada di unità, e il nostro concet­to filosofico Vaisnava di unità, sono diversi. I Mayavadi af­fermano che il Brahman è reale ma l’energia che emana da esso è falsa. Noi sosteniamo che essendo il Brahman reale, anche la sua energia deve essere reale. Questa è la differenza fra la filosofia Màyàvada e quella Vaisnava. Non si può af­fermare che questa energia materiale sia falsa, anche se essa è certamente temporanea. Supponiamo di avere qualche problema. Sono tanti i problemi inerenti al corpo, alla men­te, è alle complessità esteriori. Questi problemi vanno e vengono, ma quando noi li stiamo vivendo, essi sono certa­mente reali. Ne sentiamo le conseguenze. Non possiamo dire che sono falsi. I filosofi Màyàvàdi affermano che è tutto falso, ma allora perché quando hanno qualche problema sono così agitati. No, nessuna delle energie di Krsna è falsa.

La Sri Isopanisad usa la parola vijànatah – “colui che conosce” – per descrivere una persona che capisce l’unità e la differenza del Signore e delle Sue energie. Se una persona non è vijànatah, rimarrà nell’illusione e soffrirà, ma per colui che conosce, non c’è illusione, non c’è lamento. Quando siamo pienamente convinti che non esiste niente al di fuori di Krsna e delle energie di Krsna, allora non ci sarà più lamento né illusione. Questo è il livello brahma-bhúta, così come è spie­gato nella Bhagavad-gita (18.54), brahma-bhútah prasannàtma na socati na kànksati: “Colui che è situato al livello trascenden­tale della realizzazione del Brahman diventa completamente felice, non si lamenta mai è non desidera più niente”.

Per la nostra gratificazione dei sensi siamo entusiasti di procurarci le cose che non possediamo. Questo è il desiderio. E quando perdiamo qualcosa, ci lamentiamo. Ma se sappiamo che Krsna è la fonte e il proprietario di tutta l’energia materiale, allora comprendiamo che tutto appartiene a Lui, e tutto quello che otteniamo ci è dato da Lui per il Suo servizio. Perciò non desideriamo le cose di questo mondo. Inoltre se qualcosa ci è portata via da Krsna, che bisogno c’è di lamen­tarsi? Noi dovremmo pensare: “Krsna voleva togliermelo. Perciò perché dovrei lamentarmi? Il Signore Supremo è la causa di tutte le cause. A volte porta via, altre volte dona”. Così quando una persona si trova in piena conoscenza, non esiste più lamento né desiderio. Quella è la piattaforma spiri­tuale: Allora è possibile vedere tutti come scintille spirituali, particelle di Krsna, la cui posizione eterna è quella di servirLo.

Krsna, il supremo puro

La Sri Isopanisad afferma che il Signore è “il più grande di tutti, il non incarnato, l’onnisciente, irreprensibile, nessuna vena irriga il Suo corpo; Egli è puro e libero da ogni conta­minazione:” Nessun peccato può contaminare Krsna. A volte persone meno intelligenti, criticano Krsna: “Perché Krsna ha goduto della danza rasa con le mogli di altri uomini nel cuore della notte?” Krsna è Dio. Egli può fare tutto ciò che vuole. Le nostre leggi non possono limitare Krsna. Per noi sono tante le leggi che impongono dei limiti, ma per Krsna non esiste una legge che possa limitarlo. Egli può infrangere qualsiasi regola. Pariksit Maharaja fece questa stessa domanda a Sukadeva Gosvami: “Krsna era apparso per stabilire i princìpi della moralità e della religione. Perché allora si divertiva in com­pagnia di tante giovani ragazze che erano le mogli di altri? Questa sembra un’attività colpevole”. Sukadeva Gosvami rispose che Krsna non può essere macchiato dal peccato; anzi chiunque venga a contatto con Krsna, anche se ha una mente contaminata, si purificherà. Il sole è una buona ana­logia: il sole non può essere infetto; piuttosto, se una cosa infetta viene esposta al sole, si purifica. Similmente, si può avvicinare Krsna con qualsiasi desiderio materiale, e sare­mo purificati. Naturalmente i sentimenti delle gopi per Krsna non sono per nulla materiali. Tuttavia, essendo giovani ra­gazze, esse furono affascinate dalla Sua bellezza, e avvicina­rono Krsna con il desiderio di averLo come amante. Ma in realtà, esse si purificarono. Perfino i demoni possono puri­ficarsi entrando in contatto con Krsna. Il demone Kamsa, per esempio, pensava a Krsna come a un suo nemico, ma nello stesso tempo era cosciente di Krsna, perché pensava sempre: “Oh, come posso trovare Krsna? Lo ucciderò”. Questa era la sua mentalità demoniaca. Fu così che anche Lui si purificò e fu salvato.

La conclusione è che se possiamo, in un modo o nell’altro sviluppare la nostra coscienza di Krsna, ci purificheremo immediatamente da tutti i desideri colpevoli. Krsna offre questa opportunità a tutti.

Oltre i limiti del corpo

Quando la Sri Isopanisad definisce il Signore Supremo: “Colui che è il più grande di tutti, il non incarnato e onni­sciente”, mette in rilievo la differenza che esiste fra noi e Dio. Io sono incarnato, perciò il mio corpo è distinto da me. Quando lascio questo corpo, esso diventa polvere. Come dice la Bibbia: “Polvere sei e in polvere ritornerai”. Ma io non sono polvere; sono un’anima spirituale. Perciò quel “tu” si riferisce al corpo.

Krsna comunque non è incarnato. Questo significa che non c’è differenza fra il Suo corpo e la Sua anima. In altre parole, Egli è puro spirito. Perciò Egli non cambia corpo. E poiché Egli non cambia corpo, è onnisciente – Egli ricorda tutto. Noi invece cambiamo corpo e dimentichiamo ciò che è successo nella vita passata. Abbiamo dimenticato chi era­vamo, proprio come quando dormiamo dimentichiamo il nostro corpo e tutto ciò che ci circonda. Il corpo si stanca e riposa, diventa inattivo. In contrasto, nel mondo dei sogni, io lavoro, vado qua e là, volo, creo un altro corpo, un altro ambiente. Questo noi lo sperimentiamo ogni notte. Non è difficile da capire.

Analogamente in ogni vita, ci creiamo una situazione diversa. In questa vita posso pensare di essere un indiano, ma nella prossima vita, comunque, potrei non essere india­no, potrei essere americano. Ma anche se divento un americano potrei non essere un uomo, potrei essere una mucca o un toro. E quindi sarei mandato in un mattatoio. Queste sono le difficoltà.

Il problema è che cambiamo continuamente corpo, vita dopo vita. È un problema serio. Non abbiamo una posizione stabile; non sappiamo in quale delle 8.400.000 specie ci troveremo a vivere: Ma c’è una soluzione: se in un modo o nell’altro una persona sviluppa la pura coscienza di Krsna, ritornerà da Krsna al momento della morte, e allora non dovrà accettare un altro corpo materiale. Otterrà invece un corpo spirituale simile a quello di Krsna, pieno di eternità, conoscenza e felicità.

Perciò dovremmo cominciare a praticare la coscienza di Krsna molto seriamente, senza alcuna deviazione. Non do­vremmo pensare che la coscienza di Krsna sia una specie di moda. No, è la funzione più importante di ogni essere umano. La vita umana è destinata soltanto allo sviluppo della coscienza di Krsna. In verità non c’è altro da fare.

Sfortunatamente, però, la gente di questa civiltà moder­na ha creato tanti altri impegni, tanto da dimenticare la co­scienza di Krsna. Questo è ciò che si chiama maya, o illusione. Per questo tutti stanno dimenticando il loro vero impe­gno; e i capi ciechi e mascalzoni stanno guidando tutti verso l’inferno. Essi sono soltanto false guide. Alla gente non pia­ce accettare alcuna autorità, eppure hanno accettato questi mascalzoni come guide e sono stati fuorviati. In questo modo sia i capi farabutti sia i loro sfortunati seguaci rimangono legati dalle rigide leggi della natura materiale.

Perciò, se in un modo o nell’altro si viene a contatto con Krsna, si dovrebbe praticare seriamente il metodo della co­scienza di Krsna e stringere forte a sé i piedi di loto del Signo­re. Se ci aggrappiamo saldamente ai piedi di loto di Krsna, maya non potrà nuocerci.

Educazione materiale e spirituale

La Sri Isopanisad afferma: “Coloro che si dedicano ad attività materiali, sprofondano nelle più oscure tenebre del­l’ignoranza”. Ci sono due specie di educazione, materiale e spirituale. L’educazione materiale è chiamata jada-vidyà. Jada significa “ciò che non può muoversi”, cioè la materia. Lo spirito può muoversi. Il nostro corpo è una combinazione di materia e spirito. Finché c’è lo spirito all’interno, il corpo si muove. La giacca e il pantalone di un uomo, per esempio, si muovono soltanto finché c’è un uomo che li indossa. Sem­brerebbe che la giacca e i pantaloni si muovano da soli, ma in effetti, è il corpo che li fa muovere. Similmente, questo corpo si muove perché l’anima lo fa muovere. Un altro esem­pio è quello di una macchina: solo uno sciocco penserebbe che la macchina si muove da sola. La macchina si muove perché all’interno c’è il guidatore. Sebbene la macchina pos­siéda un motore con qualità meccaniche meravigliose, la macchina non può muoversi da sola.

Poiché, in generale, è impartita solo un’educazione ma­teriale, jada-vidya, la gente pensa che questo mondo mate­riale funzioni, si muova, e manifesti automaticamente tante cose meravigliose. Sulla spiaggia, vediamo muoversi le onde del mare, ma le onde non si muovono automaticamente; è l’aria che le fa muovere. E qualcos’altro ancora fa muovere l’aria. In questo modo, se si risale fino alla causa prima, tro­veremo Krsna, la causa di tutte le cause. Questa è vera edu­cazione, cercare la causa di tutte le cause.

La Sri Ìsopanisad afferma dunque che le persone, affasci­nate dai movimenti esterni dell’energia materiale, stanno adorando l’ignoranza. Nella civiltà moderna esistono grandi istituzioni finalizzate alla comprensione della tecnologia, per capire come si muove un aeroplano o una macchina. Studia­no continuamente come produrre tutte queste macchine, ma non esiste alcuna istituzione che educhi la gente a capire come si muove l’anima spirituale. Non si studia ciò che è veramente la causa del movimento. Studiamo invece i mo­vimenti esterni della materia.

Quando feci una conferenza al Massachusetts Institute of Technology, chiesi agli studenti: “Dov’è la tecnologia che studia l’anima, ciò che muove il corpo?” Ma tale tecnologia non esisteva. Non poterono rispondermi in modo soddisfacente perché la loro educazione era semplicemente jada­vidya. La Sri isopanisad dice che coloro che si impegnano nell’avanzamento di tale educazione di carattere materiale, andranno nelle regioni più oscure di esistenza. La civiltà presente, quindi, è in una situazione molto pericolosa, per­ché in nessuna parte del mondo c’è un’organizzazione fina­lizzata ad una genuina educazione spirituale. Perciò la società umana è spinta verso le più oscure regioni di esistenza.

In una canzone Srila Bhaktivinoda Thàkura ha dichia­rato che l’educazione materialistica è soltanto un’espan­sione di maya. Quanto più avanziamo in questa forma di educazione, tanto più la nostra abilità di capire Dio sarà ostacolata. E alla fine affermeremo: “Dio è morto”. Ma questa non è che oscurità e ignoranza.

I materialisti quindi sono certamente spinti verso l’oscu­rità. Ma esistono anche altre categorie di persone – i cosid­detti filosofi, speculatori mentali, religiosi e yogi, che sprofonderanno in una oscurità ancora più densa, perché essi sfidano Krsna. Essi fingono di coltivare la conoscenza spiri­tuale, ma poiché non hanno alcuna conoscenza di Krsna, ossia di Dio, i loro insegnamenti sono ancora più pericolosi di quelli dei materialisti dichiarati. Perché? Perché essi fuorviano le persone; convincendole che stanno ricevendo la vera conoscenza spirituale. Il cosiddetto sistema di yoga che essi insegnano porta la gente fuori strada: “Sarà sufficiente me­ditare, e capirete di essere Dio”. Ma Krsna non ha mai me­ditato per diventare Dio. Egli era Dio fin dalla “nascita”. Quando Egli aveva solo tre mesi, la strega Putana Lo attac­cò; e Krsna, insieme al latte del suo seno, succhiò anche la sua aria vitale. Perciò Krsna era Dio fin dall’inizio. Questo è Dio.

Questi sciocchi, cosiddetti yogi, insegnano: “Basta rima­nere fermi e in silenzio, e diventerete Dio”. Ma come posso stare sempre in silenzio? C’è forse la possibilità di stare sem­pre silenziosi? No, non esiste tale possibilità. “Se non hai più desideri, diventerai Dio”. Ma come posso essere privo di desideri? Sono soltanto millanterie. Non è possibile essere privi di desideri. Non si può stare sempre in silenzio. I nostri desideri e le nostre attività invece possono essere purificate. Questa è vera conoscenza. Il nostro unico desiderio dovreb­be essere quello di servire Krsna. In questo modo si purifica il desiderio. Invece di cercare di rimanere immobili e in silenzio, dovremmo dedicare le nostre attività al servizio di Krsna. Come esseri viventi abbiamo attività, desideri, e la tendenza ad amare, ma tutte queste qualità sono male indi­rizzate. Se noi le utilizziamo al servizio di Krsna, questa è là perfezione dell’educazione.

Non stiamo dicendo che non bisognerebbe progredire nell’educazione materiale. Perché no, ma nello stesso tempo dovremmo diventare coscienti di Krsna. Questo è il nostro messaggio. Non stiamo dicendo che non si dovrebbero co­struire delle macchine. No, noi diciamo: “Bene, abbiamo prodotto tutte queste belle macchine. Adesso usiamole per servire Krsna”. Questa è la nostra proposta.

Quindi ci vuole un’educazione, ma se si tratta soltanto di materialismo, se l’educazione è priva di coscienza di Krsna, allora è molto, molto pericolosa. Questo è l’insegnamen­to della Sri Ìsopanisad.

La conoscenza, il contrario dell’ignoranza La Sri Ìsopanisad afferma: “I saggi hanno spiegato che i frutti del sapere spirituale sono di natura differente dai frutti della conoscenza materiale”. Com’è spiegato sopra, coltiva­re la vera conoscenza significa avanzare nella conoscenza spirituale. L’avanzamento nella conoscenza di ciò che ri­guarda gli agi o la protezione del corpo significa coltivare l’ignoranza, perché comunque si cerchi di proteggere questo corpo, esso seguirà il suo corso naturale. Quale sarebbe questo corso? Nascita e morte ripetute, e mentre il corpo è manife­sto, la malattia e la vecchiaia. Sono tutti molto occupati a coltivare la conoscenza di questo corpo, sebbene essi ne vedano il costante declino. La morte del corpo è fissata fin dalla nascita, questo è un dato di fatto. Quindi non si può interrompere il corso naturale di questo corpo, cioè la nasci­ta, la malattia, la vecchiaia e la morte.

Lo Srimad-Bhàgavatam (10.84.13) afferma che questo corpo non è che un sacco che contiene tre elementi di base – muco, bile e aria – e chi accetta questa combinazione di muco, bile e aria come se stesso, è un asino. Perfino grandi filosofi e scienziati pensano di essere questa combinazione di muco, bile e aria. Questo è il loro errore. In effetti, i filosofi e gli scienziati sono anime spirituali, ed esibiscono i loro talenti sulla base del loro karma. Ma essi non capiscono la legge del karma.

Perché esistono tante differenti personalità? Se gli esseri umani non sono che una combinazione di aria, muco e bile, perché non sono tutti uguali? Un uomo nasce milionario, un altro sebbene lavori molto duramente, non può nemmeno procurarsi due pasti al giorno. Perché questa differenza? È a causa della legge del karma, azione e reazione. Colui che comprende questo mistero è situato nella conoscenza.

L’esistenza umana è fatta per capire il mistero della vita. E colui che fallisce nell’utilizzare la forma umana per questo scopo è un krpana, un avaro. Questo è affermato nella Garga Upanisad. Se abbiamo un milione di dollari, ma “non lo utiliz­ziamo, pensando: “Oh, terrò semplicemente il mio milione di dollari nella mia banca”, allora siamo dei krpana. Vuol dire che non sappiamo come usare il nostro denaro. D’altra parte chi usa il suo milione di dollari per guadagnare un altro milione di dollari è intelligente. Similmente, questo corpo umano ha un valore inestimabile. Chi lo utilizza per coltivare la conoscenza spirituale è un brahmana, un saggio, e chi lo usa per coltivare la conoscenza materiale è un krpana, un avaro. È questa la differenza fra bràhmana e krpana.

Chi usa il proprio corpo come fanno i cani e i gatti – per la gratificazione dei sensi – è un avaro. Egli non sa come usare il suo “milione di dollari”. Perciò è dovere del padre, della madre, dello Stato e degli insegnanti provvedere a un’educazione spirituale per ciascuno dei propri dipendenti, fin dall’inizio della vita. Infatti, lo Srimad-Bhàgavatàm di­chiara che non si dovrebbe diventare padre, madre, inse­gnante o governatore di uno Stato, a meno di essere in grado di elevare i propri subordinati al livello della conoscenza spirituale, che, sola, può salvarli dal ciclo di nascite e morti. Il metodo per conoscere Dio

Nella successione vedica di maestri, ogni maestro spiri­tuale poggia le sue affermazioni su ciò che ha sentito da fonti autorevoli, e mai sull’esperienza personale. Cercare di capi­re le cose con la propria esperienza personale, è il metodo materiale di acquisizione della conoscenza, che è chiamato tecnicamente pratyaksa. Il metodo vedico è diverso. Esso è chiamato sruti, che significa “ascoltare da fonti autorevoli”. Questo è il segreto della comprensione vedica.

Con i nostri sensi imperfetti, non dovremmo cercare di capire cose che sono al di là della nostra portata sperimen­tale. Ciò non è possibile. Supponiamo che si voglia sapere chi è nostro padre. Possiamo scoprirlo con la sperimentazio­ne? E’ possibile? No. Allora come facciamo a scoprire chi è nostro padre? Ascoltando dalla giusta autorità, la propria madre. Questo è buon senso. E se non si può sapere ehi è il nostro padre materiale con un procedimento sperimentale, come potremmo conoscere il nostro Padre Supremo con lo stesso metodo? Krsna è il padre originale. Egli è il padre del padre del padre, e così via fino ad arrivare a noi. Perciò, se non è possibile capire chi era nostro padre, nella precedente generazione con un procedimento sperimentale, come pos­siamo conoscere Dio o Krsna, in questo modo?

La gente cerca Dio con il procedimento sperimentale, ma dopo molte ricerche fallisce. E allora la conclusione è: “Oh, non c’è Dio. Io sono Dio”. Ma la Sri Isopanisad spiega che non si dovrebbe cercare di conoscere Dio con il procedimento sperimentale, bensì attraverso l’ascolto. Da chi do­vremmo ascoltare? Da un negoziante? Da qualche fanati­co? No. Dovremmo ascoltare da coloro che sono dhira. Dhira significa “colui i cui sensi non sono agitati dalle influenze materiali”.

Ci sono differenti categorie d’impulsi: gli impulsi della mente, della parola, della collera, e gli impulsi della lingua, dello stomaco e dei genitali. Quando ci arrabbiamo dimen­tichiamo tutto, e possiamo fare qualunque follia e dire un sacco di sciocchezze. Per quello che riguarda l’agitazione della lingua c’è tanta pubblicità: “Qui c’è del liquore, qua c’è il pollo o una bistecca”. Moriremmo forse senza liquori, pollo o manzo? No. Agli esseri umani Krsna ha dato tante cose buone per nutrirsi – cereali, frutta, latte e così via.

La mucca produce latte in abbondanza, non per sé, ma per gli esseri umani. Questo è il cibo adatto agli esseri umani. Dio ordina: “Cara mucca, nonostante tu produca il latte, non puoi berlo: Esso è per gli esseri umani, che sono più elevati degli animali”. Naturalmente, durante la loro infanzia anche gli animali vivono del latte della madre, quindi i vitelli bevono una parte del latte della mucca. Ma la mucca produce una quantità di latte in eccesso, e quella parte in più è destinata a noi.

Dovremmo accettare ciò che Dio ha stabilito come cibo adatto a noi. Ma poiché la lingua è sempre agitata pensiamo: “Perché dovrei accontentarmi di mangiare cereali, frutta, verdura e i prodotti del latte? Meglio mantenere un mattatoio e uccidere queste mucche. Dopo avere bevuto il loro latte proprio quello di mia madre, posso ucciderle per soddisfare la mia lingua”. Non dovremmo pensare a queste atrocità, ma dovremmo ascoltare dai dhira, ossia gli svami che hanno controllato i loro sensi. Uno svami, o gosvàmi, è colui che può controllare i sei impulsi: l’impulso della parola, della mente, della collera, della lingua, dello stomaco e dei geni­tali.

C’è una bella poesia di Kalidasa, intitolata Kumàra­sambhava, in cui è descritta la qualità di dhira di cui Siva è dotato. Quando Sati, la moglie di Siva, sentì che Siva era stato insultato durante l’esecuzione di un sacrificio tenuto da suo padre, si uccise. Non appena Siva seppe che sua moglie si era suicidata, sconvolto lasciò questo pianeta per andare a meditare altrove. Nel frattempo ci fu una guerra fra i de­moni e gli esseri celesti. Gli esseri celesti avevano bisogno di un buon generale, e conclusero che se Siva avesse generato un figlio, questo figlio sarebbe stato capace di guidarli in battaglia contro i demoni. Siva era completamente nudo mentre meditava. Allora Parvati, la reincarnazione di Sati, gli fu mandata con l’intento di agitare i suoi genitali e indurlo ad impegnarsi in attività sessuali. Ma Siva non si agitò. Egli rimase silenzioso. A questo punto Kalidasa commenta: “Ecco un vero dhira. Completamente nudo, una giovane ragazza sta toccando i suoi genitali, tuttavia egli non si agita”.

Dhira significa rimanere indisturbati anche se c’è qual­che buona ragione per essere agitati. Se c’è del cibo molto buono la mia lingua non dovrebbe agitarsi per volerlo gusta­re. Se c’è una bella ragazza o un bel ragazzo, non dovrei agitarmi sessualmente. In questo modo chi è dhira è capace di controllare i sei impulsi menzionati sopra. Non che Siva fosse impotente, egli era dhìra. Anche Krsna danzò con tan­te giovani ragazze, libero da qualsiasi agitazione sessuale.

Quindi bisogna ascoltare da chi è dhira. Se noi ascoltia­mo da chi è adhira, da chi non controlla i sensi, allora qualun­que conoscenza si acquisisca è inutile. Nella Sri Ìsopanisad uno studente ha avvicinato il suo maestro spirituale per porgli delle domande, e il maestro spirituale gli sta dicendo: “Que­sto è ciò che ho ascoltato da fonti autorevoli”. Il maestro spirituale non sta inventando qualcosa dalla sua esperienza personale. Egli presenta esattamente ciò che ha ascoltato.

Non c’è bisogno quindi di fare grandi ricerche. C’è già tutto. Dobbiamo soltanto rivolgerci a una persona dhira, che non è agitata dai sei impulsi. Questo è il procedimento vedico per ottenere la conoscenza. E se noi cerchiamo di adotta­re qualche altro procedimento, rimarremo coperti dall’igno­ranza.

La Sri Isopanisad afferma: “Soltanto colui che può com­prendere simultaneamente il modo in cui agiscono l’igno­ranza e la conoscenza trascendentale può sfuggire al ciclo di nascite e morti. Lui solo può godere dei benefici procurati dall’immortalità. Le persone non capiscono che cosa sia l’im­mortalità”. Pensano che sia un’idea mitologica. Sono orgo­gliosi del loro avanzamento nella conoscenza, ma ci sono molte cose che non conoscono, né potranno mai conoscere con il loro moderno metodo. sperimentale.

Se noi vogliamo quindi la vera conoscenza dovremmo acquisirla dalla letteratura conosciuta col nome di Veda (La parola veda significa “conoscenza”). Le 108 Upanisad sono una parte dei Veda, di queste 108, undici sono molto impor­tanti. E fra queste undici la più importante è la Sri Isopanisad. Nella parola upanisad, upa significa “vicino”. Infatti, la co­noscenza della Sri Ìsopanisad ci porta più vicino a Krsna.

In una società erudita i Veda sono accettati come sruti, e questa è l’evidenza principale. I Veda non contengono la conoscenza tratta dalla ricerca di anime condizionate e im­pure. Tali persone hanno i sensi imperfetti e non possono quindi vedere le cose per quello che sano. Essi possono solo teorizzare: “Può darsi che sia così, o forse no, è così”. Ma questa non è conoscenza. La conoscenza è ben definita, sen­za alcun dubbio o errore. Le anime condizionate commettono errori, sono soggette all’illusione e hanno la tendenza a ingannare. In che modo ingannano? Se una persona che non capisce la Bhagavad-gita scrive un commento su di essa, non fa che ingannare il pubblico innocente. Qualcuno ha qual­che titolo di studio, e avvantaggiandosi della popolarità della Bhagavad-gita scrive un commentario su di essa. Tali cosid­detti eruditi dichiarano che chiunque può dare la sua opinio­ne. Ma nella Bhagavad-gita Krsna afferma che soltanto il Suo devoto può capire la Bhagavad-gita. Perciò questi cosid­detti eruditi stanno imbrogliando.

Là conclusione è che se vogliamo una conoscenza spiri­tuale genuina dobbiamo avvicinare un maestro spirituale autentico che ha realizzato la Verità Assoluta. Altrimenti rimarremo nell’oscurità. Non si può pensare: “Oh, io posso accettare un maestro spirituale o farne a meno. Ci sono co­munque tanti libri da cui posso imparare”. No, l’ingiunzione vedica è tad-vijnanartham sa gurum evàbhigacchet. La paro­la gacchet significa “si deve andare”, non che si può scegliere di andare oppure no. Per capire la conoscenza trascenden­tale si deve andare da un maestro spirituale. Questa è l’in­giunzione vedica.

Si devono conoscere due cose: che cosa è maya (illusio­ne) e che cosa è Krsna. Allora la nostra conoscenza è perfet­ta. Naturalmente Krsna è così buono che se noi in un modo o nell’altro ci arrendiamo a Lui, tutta la nostra ricerca di conoscenza sarà finita: non solo sapremo che cosa è Krsna, ma anche, automaticamente, che cosa è maya. Krsna ci darà l’intelligenza dall’interno.

Così per la misericordia del maestro spirituale e di Krsna, si può cominciare il servizio devozionale. Come si spiega tutto questo? La loro misericordia viaggia su linee parallele. Se ancora non abbiamo trovato un maestro spirituale, ma siamo sinceri, Krsna ci guiderà da un maestro spirituale autentico. E se otteniamo la guida di un maestro spirituale autentico, egli ci porterà da Krsna. Krsna è sempre presente nel nostro cuore come caitya-guru, il maestro spirituale al­l’interno. Ed è proprio quel caitya-guru che Si manifesta esternamente nella forma del maestro spirituale. Perciò il maestro spirituale è il rappresentante diretto di Krsna.

La Sri Isopanisad afferma che dovremmo imparare il si­gnificato di vidya e avidya. L’avidya è ignoranza camuffata da conoscenza materiale. Srila Bhaktivinoda Thàkura scri­ve, in una delle sue canzoni, che “l’avanzamento della cono­scenza materiale non è che l’avanzamento della giurisdizio­ne di maya”. Quanto più si rimane coinvolti nella conoscen­za materiale, tanto meno si potrà capire la coscienza di Krsna. Coloro che sono avanzati nella conoscenza materiale pensa­no: “A che serve questo Movimento per la Coscienza di Krsna?” Essi non sono attratti dalla conoscenza spirituale, sono troppo attratti dall’avidya.

Alcuni giovani indiani rifiutano la cultura spirituale del­l’India e vengono in Occidente a imparare 1a tecnologia. E quando vedono che io ho introdotto in Occidente le cose che loro hanno rifiutato in India, rimangono sorpresi. Una ra­gione per cui sono venuto in Occidente è che l’India moder­na ha rifiutato la conoscenza spirituale. Oggi gli indiani pen­sano che se possono imitare la tecnologia occidentale saran­no felici. Questa è maya. Essi non riescono a vedere che le persone tecnologicamente 300 volte più avanzate degli in­diani non sono felici. L’India non riuscirà a eguagliare la tecnologia americana o europea almeno per 300 anni, perché i Paesi occidentali hanno sviluppato la tecnologia da molto tempo. Fino dal tempo della creazione, invece, la cultura indiana è stata una cultura spirituale.

Vidya, o in altre parole la genuina cultura spirituale, non dipende dalla tecnologia. Srila Vyasadeva è il guru originale della conoscenza vedica. E come viveva? In un semplice “cottage” a Badarikasrama. Ma guardate la sua conoscenza! Egli scrisse molti Purana, incluso lo Srimad-Bhàgavatam. Egli scrisse anche il Vedanta-sutra e il Mahabharata. Se volessimo studiare ogni singolo verso scritto da Vyasadeva, ci vorrebbe tutta una vita. Solo lo Srimad-Bhagavatam è com­posto di non meno di 18.000 versi. E ogni verso è così pieno di significato che ci vorrebbe una vita intera per compren­derlo pienamente. Questa è la cultura vedica.

Non esiste una conoscenza che si possa paragonare a quella contenuta nella letteratura vedica -e non solo cono­scenza spirituale ma anche conoscenza materiale. I Veda parlano anche di astronomia, di matematica e di molti altri argomenti. Non è vero che in tempi antichi non ci fossero aeroplani; essi sono menzionati nei Purana. Questi aeropla­ni erano così forti e veloci che potevano facilmente raggiun­gere altri pianeti. Non è vero che nell’era vedica la conoscen­za materiale non fosse progredita. C’era, ma la gente non la considerava così importante. Tutti erano interessati alla co­noscenza spirituale.

Perciò bisognerebbe sapere che cos’è la conoscenza, e che cos’è l’ignoranza. Se noi avanziamo nell’ignoranza, os­sia nella conoscenza materiale, dovremo sottoporci ripetu­tamente al ciclo di nascita e morte: Inoltre non c’è alcuna garanzia riguardo alla specie di vita che otterremo nella nostra prossima vita. Questo non è nelle nostre mani. Adesso forse, qualcuno è felice come americano, ma dopo aver lasciato questo corpo non potrà scegliere: “Per favore vorrei un cor­po americano”. Sì, può darsi che si ottenga un altro corpo americano, ma potrebbe essere quello di una mucca ameri­cana. E il destino di quella mucca sarà il mattatoio.

E così, coltivare la conoscenza materiale – nazionali­smo, socialismo, questo “ismo”, quell’altro “ismo” – non è che un pericoloso spreco di tempo. Meglio coltivare la vera conoscenza, la conoscenza vedica che ci porta ad arrendercia Krsna.

Come Krsna dice nella Bhagavad-gita (7.19): bahú­nàm janmanàm ante jnànavàn mam prapàdyate. Dopo mol­te, molte nascite, chi possiede la vera conoscenza viene da Krsna e si arrende a Lui, realizzando: “Sri Krsna, tu sei tutto ciò che esiste”. Questo è l’apice di tutta la conoscenza.

Oltre la bianca luce del Brahman

La Sri Isopanisàd afferma: “Colui che conosce perfetta­mente Dio, la Persona Suprema, e il Suo nome assoluto, così come la creazione materiale effimera e i suoi abitanti – deva, uomini e bestie – trascende la morte, e con essa la manifestazione cosmica temporanea; così nel regno di Dio egli godrà di una vita eterna di felicità e conoscenza assolute. O mio Signore, sostegno della vita, il Tuo fulgore mi abba­glia e nasconde il Tuo vero volto. Togli, Ti prego, questo velo di luce e rivelaTi al Tuo puro devoto”.

Qui la Sri Isopanisad menziona il regno di Dio. Ogni pianeta, sia materiale sia spirituale, ha una divinità che lo controlla. Nel sole, per esempio, la divinità predominante è Vivasvan. Questa informazione ci viene dalla Bhagavad-gita. Ci sono milioni e trilioni di universi nel cielo materiale, e in ogni universo ci sono milioni e trilioni di pianeti, e in ogni pianeta c’è una divinità che lo domina.

A1 di là del cielo materiale c’è il brahmajyoti, ossia il cielo spirituale, dove ci sono innumerevoli pianeti Vaikuntha. Ogni pianeta Vaikuntha è dominato dal Signore Supremo nella Sua forma di Narayana, e ogni Narayana ha un nome diverso – Pradyumna, Aniruddha, Sankarsana e così via. Non si possono vedere questi pianeti perché sono coperti dallo sfol­gorio spirituale del brahmajyoti, proprio come non si può vedere il globo solare a causa della luce accecante che emana da esso. Lo sfolgorio del cielo spirituale viene dal pianeta di Krsna, Goloka Vrndàvana, che è perfino a1 di là di Vaikuntha, là dove solo Krsna è predominante.

Il pianeta della Verità Assoluta, Krsna, è coperto dallo sfolgorio del, Brahman. Bisogna penetrare quello sfolgorio per poter vedere il Signore. Perciò nella Sri Isopanisad il devoto prega: “Togli, Ti prego questo velo di luce in modo che Ti possa vedere”. I filosofi Mayavadi non sanno che c’è qualcosa al di là del brahmajyoti. Ma qui, nella Sri Isopanisad, c’è l’evidenza vedica che il brahmajyoti è solo la luce abba­gliante e dorata che copre il vero volto del Signore Supremo.

L’idea è che i pianeti Vaikuntha e il pianeta di Krsna sono al di là dello sfolgorio del Brahman e soltanto i devoti possono entrare in quei pianeti spirituali. I jnàni, gli specu­latori mentali, praticano austerità molto severe per entrare nello sfolgorio del Brahman: Ma i demoni che sono uccisi da Krsna sono immediatamente trasferiti in quello stesso Brahman. Quindi pensiamoci un attimo: questo luogo che è dato ai nemici di Krsna, è poi così desiderabile? Se un mio nemico viene a casa mia, posso anche offrirgli un posto dove stare, ma se viene un mio intimo amico, certamente gli offri­rò il posto migliore. Perciò questo sfolgorio del Brahman non è per niente desiderabile.

Srila Prabodhananda Savasvati ha composto un bel ver­so nel quale è detto che per il devoto, per colui che ha otte­nuto la misericordia del Signore, lo sfolgorio del Brahman è come l’inferno. Che dire allora del paradiso? I karmi, i lavoratori interessati, sono molto ansiosi di andare sui pianeti superiori, dove risiedono gli esseri celesti. Ma per i devoti questi pianeti paradisiaci non sono che un fuoco fatuo, ed essi non si sentono attratti ad andarvi. E poi ci sono gli yogi mistici, che cercano con grandi sforzi di controllare i sensi per ottenere poteri speciali. I sensi sono come serpenti vele­nosi perché non appena indulgiamo nella gratificazione dei sensi, non appena i sensi ci “mordono”, ci si degrada. Ma il devoto dice: “Io non ho paura del serpente velenoso- dei sensi”. Perché? “Perché gli ho strappato i denti”. In altre parole, impegnando i sensi al servizio di Krsna, il devoto non è più tentato di indulgere nella gratificazione, e i suoi sensi quindi non possono trascinarlo in una condizione di vita infernale.

Come si vede, i devoti sono al di sopra dei karmi, dei jnani e degli yogi. La posizione del devoto è la più elevata, perché solo con la devozione è possibile capire Dio. Krsna non af­ferma che è possibile capirLo con l’attività interessata. Egli non dice che è possibile capirLo con la speculazione, e nem­meno con la pratica dello yoga mistico. Egli dice chiaramente (B.g. 18.55), bhaktya mam abhijànàti yàvàn yas càsmi tattvatah: “Solo col servizio di devozione posso essere com­preso, così come sono”.

Ad eccezione del servizio devozionale, non c’è la possi­bilità di capire la Verità Assoluta. Qualsiasi altro procedimento è imperfetto perché è basato sulla speculazione. Gli scienziati, per esempio, possono speculare sulla natura del globo solare, ma poiché essi non possono andarci, non pos­sono veramente sapere che cosa sia il sole. Possono solo speculare, tutto qui. Una volta tre uomini ciechi incontraro­no un elefante. Essi incominciarono a toccare l’elefante qua e là e a speculare su cosa potesse essere. Uno, toccando le sue gambe, disse: “Oh, l’elefante è proprio come una colonna”. L’altro toccando la sua proboscide concluse: “Oh, l’elefante somiglia molto a un grosso serpente”. Il terzo uomo toccan­do la pancia dell’elefante disse: “L’elefante è proprio come una grande barca”. Ma in effetti nessuno dei tre uomini cie­chi sapeva quale fosse veramente la forma di un elefante.

Se non si ha la capacità di vedere qualcosa, si può solo speculare su di essa. Perciò la Sri Isopanisad dice: “Togli Ti prego il velo di luce che copre il Tuo viso, in modo che io possa vederTi”. Krsna dà al Suo devoto questa capacità di vedere, quando riconosce l’amore che il devoto ha per Lui. Come afferma la Brahma-samhita, premànjana-cchurita­bhakti vilocanena: i devoti ungono i loro occhi col balsamo dell’amore per Dio, possono quindi vedere la meravigliosa forma del Signore nel loro cuore. In India c’è un unguento speciale per gli occhi che permette di vedere subito più chia­ramente. Similmente, se noi ungiamo i nostri occhi col bal­samo dell’amore per Dio, potremo vedere Dio sempre. Questo è il modo per comprendere Dio, con il servizio, e incrementando il nostro amore per Lui. Tale amore può essere sviluppato solo mediante il servizio devozionale; al­trimenti non c’è alcuna possibilità di ottenerlo. Perciò quan­to più incrementiamo il nostro desiderio di servire Dio, tan­to più crescerà il nostro latente amore per Lui. E non appena ci troveremo allo stadio perfetto dell’amore per Dio, vedre­mo Dio sempre, ad ogni istante.

CAPITOLO 2

Cattivo kama

Lo Srimad-Bhagavatam è un’antica Scrittura sanscrita che contiene l’essenza di tutta la saggezza vedica, e racconta gli insegnamenti dei devoti del Signore, e anche quelli del Signore stesso in molte delle Sue incarnazioni. In questo trentesimo capitolo del terzo canto, un’incarnazione di Krsna chiamata Kapiladeva descrive vividamente i risultati del peccato.

VERSO 1

Il Signore Supremo disse:

Come una massa di nuvole ignora la potenza del vento, così la persona assorta nella coscienza materiale ignora la potenza invincibile del tempo che la trascina.

SPIEGAZIONE

L’illustre uomo politico e pandita, di nome Cànakya, affermava che nessuno potrebbe riacquistare un solo istan­te della sua esistenza, anche se fosse disposto a pagare milioni. Il tempo è così prezioso che non è possibile valu­tare fino a che punto sia grave sprecarlo. Sia sul piano materiale sia sul piano spirituale, ognuno dev’essere molto attento nell’usare il tempo di cui dispone. L’anima condi­zionata vive in un determinato corpo per un periodo di tempo prestabilito, e le Scritture raccomandano che que­sto brevissimo lasso di tempo sia impiegato a perfezionare la propria coscienza di Krsna, in modo da potersi sottrarre all’influenza dell’elemento tempo. Ma, nella loro sfortuna, coloro che vivono fuori della coscienza di Krsna sono por­tati via dall’insormontabile potenza del tempo, senza nem­meno averne coscienza, come semplici nuvole portate via dal vento.

VERSO 2

Tutto ciò che il materialista produce a costo di tanti tor­menti e sforzi, nella prospettiva di una cosiddetta felicità, il Signore Supremo, nella forma del tempo, lo distrugge, e l’ani­ma condizionata si affligge per questo.

SPIEGAZIONE

La funzione principale dell’elemento tempo, che rappre­senta il Signore Supremo, è quella di distruggere ogni cosa. I materialisti, immersi nella coscienza materiale, s’impegna­no a produrre mille oggetti in nome dello sviluppo economico. Sono convinti che, sforzandosi sempre di appagare i bi­sogni materiali dell’uomo, gli uomini troveranno la felicità; essi dimenticano però che ogni cosa da loro creata sarà, pre­sto o tardi, distrutta. La storia ci offre l’esempio di tanti potenti imperi, eretti a forza di fatiche e di perseveranza, ma tutti furono, alla fine, spazzati via nel corso del tempo. I materialisti insensati, tuttavia, restano incapaci di capire quanto essi perdano il loro tempo ostinandosi a produrre beni materiali, destinati ad essere distrutti. Questo spreco di energia deriva dall’ignoranza degli uomini, inconsapevoli della loro eternità e della loro occupazione eterna. Non san­no che la durata della loro esistenza in un dato corpo, è come un lampo nel loro eterno viaggio. Ignorando ciò, essi pren­dono in considerazione questo breve bagliore dell’esistenza come unica realtà e perdono il loro tempo nel migliorare la loro situazione economica.

VERSO 3

Il materialista fuorviato non sa che il suo corpo è tem­poraneo e che l’attrazione per la casa, la terra e la ricchez­za, che sono in relazione col corpo, è anch’essa tempora­nea. Soltanto l’ignoranza lo induce a credere che tutto sia duraturo.

SPIEGAZIONE

Il materialista pensa che le persone che hanno adottato la coscienza di Krsna siano dei pazzi che sprecano il loro tempo cantando Hare Krsna, ma in realtà non sa di trovarsi egli stesso nelle più oscure regioni della stupidità per il fatto di considerare eterno il corpo e tutto ciò che è colle­gato col corpo, casa, patria, società, tutto ciò che costitui­sce il mondo in cui vive. Questa visione materialista non è altro che l’illusione di maya. Ciò è espresso chiaramente qui con le parole mohàd grha-ksetra-vasúni: solo l’illusione fa credere al materialista che la sua casa, la sua terra e il suo denaro abbiano un carattere permanente. Per la forza di questa illusione si sono sviluppati gli aspetti più importanti della civiltà moderna, cioè la vita familiare e nazionale e lo sviluppo economico. Ma la persona cosciente di Krsna sa che lo sviluppo economico della società è solo un’illusione passeggera.

Un altro passo dello Srimad-Bhagavatam ci insegna che considerare il corpo come il vero sé, considerare altri esseri come parenti a causa di un legame fisico, e considerare sacra la terra natale, sono soltanto il prodotto di una civiltà anima­le. Tuttavia, quando si è illuminati nella coscienza di Krsna tutte queste cose possono essere usate al servizio del Signo­re. E questa è un’affermazione assolutamente corretta, in quanto ogni cosa ha una relazione con Krsna. Perciò quando lo sviluppo economico e il progresso materiale sono usati al fine di promuovere la causa della coscienza di Krsna, una nuova fase di progresso ha inizio.

VERSO 4

In qualunque specie di vita l’essere veda la luce, può spe­rimentare una forma particolare di soddisfazione, tanto che non è mai scontento della sua condizione.

SPIEGAZIONE

Il sentimento di soddisfazione che l’essere prova all’interno di un dato corpo, anche il più ripugnante, è definito illusione. Un uomo di alta condizione non sarà soddisfatto di dover sperimentare un livello inferiore di vita, ma, sog­getto all’influenza di maya, l’energia esterna, l’uomo di bassa condizione sarà felice in questa situazione. Maya agisce in due riprese che sono dette praksepatmika e avaranatmika; avaranàtmika significa “coprire”, e prakse­pàtmika “tirare verso il basso”. In qualsiasi condizione di vita si trovi, il materialista e l’animale proveranno una cer­ta soddisfazione, perché la loro conoscenza è coperta dal­l’influenza di maya. Al livello più basso di esistenza, nelle specie inferiori, la coscienza si rivela così povera che l’es­sere non può nemmeno capire se è felice o infelice. Questo stato è definito àvaranàtmika. Così, anche il maiale, che si nutre di escrementi, è contento della sua sorte, mentre la persona che vive a un livello superiore di coscienza è con­sapevole del carattere abominevole di un’esistenza di que­sto tipo.

VERSO 5

L’essere condizionato è contento della sua sorte, a qual­siasi specie appartenga. Sviato dall’influenza dell’energia illusoria, che copre la sua capacità di vedere, non è incline ad abbandonare il suo corpo, anche se vive all’inferno, perché si compiace dei piaceri più bassi.

SPIEGAZIONE

È detto che un giorno Indra, il re del cielo, fu maledetto dal suo maestro spirituale, Brhaspati, a causa del suo com­portamento scorretto, e in seguito a ciò diventò un maiale sul nostro pianeta. Un po’ di tempo dopo, quando Brahma volle fargli riavere il suo regno celeste, Indra, che nella forma di maiale aveva dimenticato la sua posizione di re sui pianeti celesti, rifiutò di tornarvi. Questo è l’incantesimo di maya. Anche Indra può dimenticare le sue abitudini di vita celeste e accontentarsi di quelle di un maiale. Sotto l’influenza di maya, l’anima condizionata si affeziona a tal punto al suo corpo che, anche se le venisse offerto di rinunciare a questo corpo per ottenere quello di un re, rifiuterebbe l’offerta. Questa forma di attaccamento agisce in profondità su tutti gli esseri condizionati. Sri Krsna ci sollecita senza sosta: “Lascia questo universo materiale. Vieni a Me. Io ti accor­derò tutta la Mia protezione:” Ma noi rifiutiamo pensando: “Io mi trovo perfettamente a mio agio in questa condizione. Perché dovrei abbandonarmi a Krsna e tornare nel Suo re­gno?” Questo è ciò che si chiama maya, o illusione. Ognuno si accontenta del suo modo di vivere, per quanto abomine­vole sia.

VERSO 6

Questa soddisfazione per la propria condizione di esi­stenza deriva da un attaccamento profondamente radicato per il corpo, per la moglie, la casa, i figli, gli animali, la ric­chezza e gli amici. Così attorniata, l’anima condizionata pensa di essere quasi perfetta.

SPIEGAZIONE

Questa cosiddetta perfezione umana è solo immagina­zione. Per questa ragione, le Scritture affermano che il ma­terialista, per quanto qualificato sia sul piano materiale, non ha in realtà alcuna qualità perché vaga sul piano mentale; e ciò lo condurrà di nuovo all’esistenza materiale, dove tutto è temporaneo. Chi agisce al livello mentale non può avere accesso al piano spirituale. Sicuramente scivolerà di nuovo verso l’esistenza materiale. Muovendosi nell’ambito illuso­rio della società, dell’amicizia e dell’amore materiali, l’anima condizionata sembra pienamente soddisfatta.

VERSO 7

Benché consumato continuamente dall’ansia, un tale sciocco si dedicherà a ogni sorta di attività nefaste al solo scopo di mantenere quella che egli crede sia la sua famiglia e la sua società, nutrendo così una speranza che non potrà mai essere realizzata.

SPIEGAZIONE

Si dice che sia più facile mantenere un vasto impero che mantenere una piccola famiglia, soprattutto in questo perio­do, in cui l’influenza del Kali-yuga è così forte che ognuno è assillato e angosciato per aver adottato la concezione illuso­ria della famiglia, così come maya ce la presenta. La famiglia di cui ci prendiamo cura è in realtà una creazione di maya, soltanto un’immagine distorta della nostra vera famiglia a Krsnaloka. La famiglia, gli amici, la società, come anche pa­dre e madre, esistono anche a Krsnaloka, dove essi però sono eterni. Qui, invece, al momento del cambiamento di corpo anche le nostre relazioni familiari cambiano. Perciò apparte­niamo talvolta a una famiglia di esseri umani, talvolta a una famiglia di esseri celesti, oppure talvolta a una famiglia di cani o di gatti. In questa situazione, la famiglia, la società e l’amicizia si rivelano molto fragili, e per questa ragione sono dette asat. Le Scritture affermano che finché resteremo attaccati a questa famiglia e società asat, ossia temporanee e in realtà inesistenti, dovremo sperimentare una costante ansia. Il materialista ignora che la società, la famiglia e l’amicizia, così come appaiono in questo mondo, sono solo ombre, a cui egli rimane attaccato. Naturalmente il suo cuore brucia co­stantemente, ma nonostante tutte le difficoltà incontrate, poiché è privo di ogni informazione sulla vera vita di fami­glia, accanto a Krsna, il materialista continua a lavorare allo scopo di mantenere questa famiglia illusoria.

VERSO 8

Egli dedica il suo cuore e i suoi sensi a una donna, che esercita su di lui il fascino ingannatore di maya. Gode con lei di segreti abbracci, parla con lei e s’incanta per il dolce bal­bettio dei suoi figlioletti.

SPIEGAZIONE

La vita di famiglia nel regno dell’energia illusoria, il re­gno di maya, è simile a una prigione per l’anima condiziona­ta. Un prigioniero è chiuso dietro le sbarre e trattenuto con catene di ferro; similmente, l’anima condizionata è incate­nata dall’aspetto affascinante di una donna, dai suoi abbracci in luoghi solitari, dalle sue cosiddette parole d’amore e anche dal dolce balbettio dei suoi bambini. Egli dimentica così la sua identità reale.

Le parole strinàm asatinam in questo verso indicano che l’amore di una donna è destinato unicamente ad agitare la mente dell’uomo. In realtà, nel mondo materiale l’amore non esiste. Uomini e donne cercano soltanto il proprio pia­cere. Desiderosa di soddisfare i sensi, la donna crea un amo­re illusorio, e l’uomo rimane avvinto da questo ingannevole amore al punto da dimenticare il suo reale dovere. Quando da questa unione nascono dei figli, si sviluppa un nuovo attaccamento per il loro piacevole balbettio. L’amore della mo­glie, la casa e le dolci parole dei figli rendono l’essere condi­zionato un prigioniero sicuro, incapace di lasciare la casa. Tale persona è definita, nella lingua dei Veda, grhamedhi per indicare che la casa è considerata il centro dei suoi attacca­menti. Il grhastha, invece, è l’uomo che vive in famiglia, con la moglie e i figli, ma in realtà non ha alcun altro scopo nel­l’esistenza che quello di sviluppare la sua coscienza di Krsna. Il consiglio, perciò, è quello di diventare grhastha e non grhamedhi. La preoccupazione del grhastha è quella di sfug­gire all’illusoria vita familiare per conoscere accanto a Krsna la vera famiglia, mentre il grhamedhi non fa altro che incate­narsi ripetutamente a una falsa vita familiare, vita dopo vita, restando così per sempre nelle tenebre di maya:

VERSO 9

Attaccato alla sua casa, l’uomo sposato conduce una vita di famiglia, dove regnano intrighi e diplomazia. Diffonden­do invariabilmente intorno a sé l’infelicità, e sottomesso ai propri desideri di godimento materiale, egli cerca con le sue azioni di rimediare alle sofferenze, suscitate dal suo modo di vivere e se vi riesce, si crede felice:

SPIEGAZIONE

Nella Bhagavad-gita il Signore in persona assicura che l’universo materiale è un luogo transitorio e pieno di soffe­renze. Non esiste possibilità di gioia, né nell’ambito indivi­duale né in quello familiare, della società e della nazione: Se si vede felicità in qualcosa, questa non è che illusione. Nel mondo materiale la felicità consiste nel rimediare con suc­cesso a situazioni che generano l’infelicità. Il mondo mate­riale è fatto in modo che la nostra vita sarà un fallimento, a meno di diventare un esperto diplomatico. Per non parlare della società umana, anche gli animali inferiori, gli uccelli e le api provvedono avvedutamente a soddisfare i bisogni del corpo legati all’alimentazione, al sonno e alla vita sessuale. Gli uomini, per quanto li riguarda, si dedicano a una compe­tizione, sia individuale sia nazionale e poiché ognuno si sfor­za di uscire vittorioso dalla lotta, l’intera società si riempie di intrighi. Noi dobbiamo in ogni modo ricordarci sempre che, nonostante tutta la diplomazia e l’intelligenza che possiamo mettere a frutto nella nostra lotta per l’esistenza, tutto finirà in un istante per volontà del Supremo. Perciò, tutti i nostri sforzi, per diventare felici in questo mondo, sono soltanto proposte di maya.

VERSO 10

Egli accumula denaro commettendo atti di violenza e impiega questo denaro al servizio della sua famiglia, mentre lui si nutre soltanto di una piccola porzione di cibo così ac­quistato e se ne va all’inferno per aver mantenuto i suoi con sistemi tanto irregolari.

SPIEGAZIONE

C’è un proverbio bengalese che dice: “Colui per il quale io ho rubato mi accusa di essere un ladro”. I componenti della famiglia, per i quali l’uomo attaccato commette tanti delitti, non sono mai soddisfatti. In balìa dell’illusione il nostro uomo li serve, e facendo ciò si prepara a conoscere condizio­ni infernali di vita sull’esempio del ladro, il quale si appro­pria dei beni altrui al fine di mantenere la sua famiglia e si fa prendere e poi imprigionare. A ciò si riduce l’esistenza ma­teriale e l’attaccamento ai legami sociali, all’amicizia e al­l’amore di questo mondo: D’altra parte, benché l’uomo at­taccato ai suoi familiari cerchi sempre di procurarsi denaro con qualsiasi mezzo – lecito o illecito – al fine di mantene­re la famiglia, non potrà egli stesso goderne al di là di quanto gli è concesso, e che otterrebbe anche senza impegnarsi in tante, e attività criminali. In realtà un uomo, capace di ingerire duecentocinquanta grammi di alimenti, può avere una fami­glia numerosa da nutrire e dovrà a questo scopo guadagnare denaro, costi quel che costi, lui però non riceve in realtà più di quanto non possa mangiare, e talvolta si limita a mangiare gli avanzi dei suoi familiari. Perciò, pur essendo ricorso a mezzi disonesti per guadagnarsi il pane, non ha certo il tempo di godere dell’esistenza. In questo caso l’illusione (maya) copre la capacità di vedere dell’anima condizionata.

Il principio del servizio illusorio reso alla società, alla nazione o alla comunità è assolutamente identico a tutti i livelli, e si applica nell’identico modo perfino ai capi di Stato. Talvolta alcuni di loro, celebri per i servizi resi al Paese, finiscono per essere assassinati dai loro concittadini per qualche irregolarità di cui si sono resi colpevoli. In altre parole, nessuno può soddisfare i subordinati con un servizio illusorio, benché l’essere non possa sottrarsi al fatto di ser­vire, perché tale è la nostra natura originale ed eterna. L’es­sere individuale è, per natura, parte infinitesimale del Signo­re Supremo, una scintilla spirituale di Dio, ma dimentica che deve servire questo Essere Supremo e volge la sua attenzione agli altri. Ciò è definito maya. Servendo gli altri egli fini­sce col credersi padrone. L’uomo sposato crede di essere il padrone della sua famiglia, e il capo della nazione crede di essere il padrone della nazione, mentre in realtà entrambi sono servitori, e servendo maya in questo modo si dirigono, poco a poco, verso l’inferno. Perciò ogni uomo sano di mente deve decidere di adottare la coscienza di Krsna e di dedi­carsi al servizio del Signore Supremo; consacrando a Lui la sua intera esistenza; tutte le sue ricchezze, tutta la sua intel­ligenza e tutta la sua eloquenza.

VERSO 11

Quando subisce qualche rovescio nel corso delle sue oc­cupazioni, s’intestardisce sempre più a migliorare la sua con­dizione, e quando vede frustrati tutti i suoi sforzi e la rovina lo colpisce, allora accetta il denaro degli altri, invaso da un’ec­cessiva avidità.

VERSO 12

Lo sfortunato che non riesce più a provvedere alla fami­glia perde tutta la sua bellezza. Egli pensa soltanto al suo fallimento e si affligge profondamente.

VERSO 13

Vedendolo incapace di provvedere ai loro bisogni, la moglie e gli altri componenti della famiglia non lo rispettano più come un tempo, proprio come i contadini avari non pre­stano più le stesse cure a un bue vecchio e stremato dagli anni.

SPIEGAZIONE

Non solo oggi, ma da tempo immemorabile, i vecchi improduttivi nell’ambito della famiglia sono disprezzati. Oggi, in alcuni Paesi si arriva perfino ad avvelenarli per farli morire nel più breve tempo possibile. Presso alcune tribù di cannibali il vecchio più avanti negli anni è ucciso come se si trattasse di uno sport, e si organizza poi un grande banchet­to, durante il quale si mangia il suo corpo. Il nostro verso ci dà l’esempio di un contadino che non attribuisce molta im­portanza a un vecchio bue che non può più lavorare. Simil­mente, quando un uomo attaccato alla vita di famiglia diven­ta vecchio e incapace di guadagnarsi da vivere, perde l’affet­to di sua moglie, dei suoi figli e figlie e degli altri parenti; allora è trascurato da tutti e non gli si accorda il minimo rispetto. È quindi cosa saggia tagliare l’attaccamento che ci lega alla famiglia e cercare rifugio in Dio, la Persona Supre­ma, prima del sopraggiungere dell’età avanzata. Ci si deve impegnare nel servire il Signore in modo che Egli vegli su di noie noi non siamo costretti a subire l’indifferenza dei nostri cosiddetti parenti.

VERSO 14

Benché sia ormai a carico di coloro che prima mante­neva, l’uomo insensato non prova mai avversione per la vita di famiglia. Deformato dalla vecchiaia, egli si prepara a incontrare la morte.

SPIEGAZIONE

L’attaccamento alla famiglia è così potente che, pur tra­scurato dai suoi familiari nel corso della vecchiaia, l’uomo sposato non può troncare questo legame e resta in casa come un vecchio cane. La tradizione vedica vuole che si lasci la vita di famiglia quando si è ancora sufficientemente in forze; prima di diventare troppo deboli e di fallire nelle proprie imprese materiali, prima di soccombere alla malat­tia, si raccomanda di rinunciare alla vita di famiglia e di immergersi pienamente nel servizio di devozione fino alla fine dei propri giorni. Perciò, nelle Scritture vediche si in­giunge di lasciare la casa per vivere soli nella foresta, dopo i cinquant’anni. Dopo essersi ben preparati si deve accetta­re il sannyasa per diffondere in ogni casa la conoscenza della vita spirituale.

VERSO 15

Resta in casa come un cane domestico e si nutre di ciò che gli viene dato con negligenza. Colpito da molti disturbi, come la dispepsia e la mancanza di appetito, ingerisce solo piccoli bocconi di cibo e diventa completamente invalido, ormai incapace di lavorare.

SPIEGAZIONE

Prima di incontrare la morte ognuno ha la sicurezza di diventare invalido, prostrato dalla malattia; quando l’uomo è trascurato in questo modo dai suoi familiari vive peggio di un cane, perché deve sottostare a tante miserabili condizio­ni. Per questo motivo, le Scritture vediche affermano che, prima di giungere a questo punto, è preferibile lasciare la casa e morire lontano dai familiari, senza che essi ne siano informati. Se un uomo lascia la casa, e muore all’insaputa dei parenti, la sua morte è considerata gloriosa. Ma l’uomo attaccato alla famiglia desidera che i parenti lo portino in pro­cessione dopo la sua morte; benché egli non possa assistere alla sua processione desidera ugualmente che il suo corpo sia portato in gran pompa. Si crede felice, senza neanche sapere dove andrà dopo aver lasciato il suo corpo per una vita futura.

VERSO 16

Raggiunto così dalla malattia, egli ha gli occhi fuori dalle orbite per la pressione dell’aria proveniente dall’interno del corpo, e le sue ghiandole si riempiono di muco. Respira a fatica, e ad ogni respiro, un rantolo esce dalla sua gola: “Ghura-ghura”.

VERSO 17

Cade così sotto gli artigli della morte e giace, attorniato dai parenti e dagli amici in lacrime; benché egli desideri parlare con loro, ne è incapace perché il tempo si è impa­dronito di lui.

SPIEGAZIONE

Per formalità, quando un uomo è disteso sul letto di morte, i suoi parenti gli vanno vicino e talvolta si mettono a piangere forte dicendogli: “Oh padre mio!”, “oh amico mio!”, “oh marito mio!”. In questa situazione pietosa, in punto di mor­te, vorrebbe parlare con loro per esprimere i suoi ultimi desideri; ma poiché è completamente controllato dal tempo e dalla morte, non riesce più a parlare, e ciò è motivo per lui di inconcepibile dolore. Soffre già terribilmente a causa della malattia, le sue ghiandole e la sua gola sono ostruite dal muco; si trova in grande difficoltà e quando i suoi parenti si avvicinano a lui per parlargli, il suo dolore aumenta enorme­mente.

VERSO 18

Quest’uomo che si è impegnato a mantenere la famiglia senza alcun controllo dei sensi, muore nel più profondo dolore, vedendo i parenti piangere intorno a lui. Egli muore nel modo più patetico, stremato dalla sofferenza e privo di coscienza.

SPIEGAZIONE

La Bhagavad-gita insegna che all’istante della morte noi saremo immersi nei pensieri che abbiamo coltivato nel corso della nostra esistenza. Perciò la persona che non ha avuto altro pensiero che quello di assicurare un sufficiente benes­sere alla propria famiglia avrà la mente ingombra dal pensie­ro di questi interessi familiari. Per un uomo comune ciò corrisponde all’ordine naturale delle cose. L’uomo comune non conosce il suo destino, si preoccupa soltanto di mante­nere la sua famiglia durante tutta la vita che ha la durata di un lampo. All’ultimo momento nessuno è soddisfatto del modo in cui ha sviluppato la situazione economica della sua famiglia; ognuno crede di non aver fatto abbastanza. É a causa del profondo attaccamento alla famiglia, l’uomo di­mentica il suo primo dovere: controllare i sensi e sviluppare la propria coscienza spirituale. Un uomo sul punto di morte affida talvolta gli affari della famiglia a suo figlio, o a qualche altro parente dicendo. “Me ne vado, veglia sulla famiglia”. Non sa dove va, ma anche nel momento della morte conti­nua a preoccuparsi del modo in cui la sua famiglia sarà man­tenuta. Capita perfino che implori il medico di prolungargli la vita almeno di qualche anno affinché gli sia possibile por­tare a compimento i progetti ideati, in vista di assicurare il benessere ai suoi familiari. Tali sono i mali materiali di cui soffre l’anima condizionata. Essa dimentica completamente quella che dovrebbe essere la sua vera preoccupazione, di­ventare cosciente di Krsna, ma continua ad applicarsi con molta serietà per la pianificare l’avvenire della sua famiglia, anche se la famiglia cambia continuamente.

VERSO 19

Venuta la sua ultima ora, scorge gli inviati del signore della morte, che vengono verso di lui con gli occhi iniettati di collera. Invaso dal terrore, urina e defeca.

SPIEGAZIONE

L’anima può conoscere due forme di trasmigrazione dopo aver lasciato il corpo presente. Una forma di trasmigrazio­ne consiste nel recarsi presso colui che giudica i peccatori, cioè Yamaraja; l’altra consiste nel salire sui pianeti superio­ri, fino a Vaikuntha. Sri Kapila spiega qui che gli inviati di Yamaraja, gli Yamaduta, si prendono cura delle persone che, per mantenere la propria famiglia, si sono impegnate in attività miranti alla gratificazione dei sensi. All’istante della morte coloro che si sono ostinati ad assecondare i loro de­sideri materiali sono posti sotto la custodia degli Yamaduta. Questi s’impadroniscono dell’uomo che sta morendo e lo conducono sul pianeta dove risiede Yamaraja. Le condizio­ni a cui l’essere è sottoposto sono descritte nei versi che seguono.

VERSO 20

Come un criminale è arrestato dalla forza pubblica per subire la sua pena, così l’uomo che si è dedicato, in modo criminale, al piacere dei sensi è arrestato dagli Yamaduta, che lo legano per il collo con solide corde e coprono il suo corpo sottile per sottoporlo a un severo castigo.

SPIEGAZIONE

Ogni essere vivente è coperto da un corpo sottile e da un corpo grossolano. Il corpo sottile si compone di mente, di intelligenza, di falso ego e di coscienza. Le Scritture riferi­scono che gli agenti di Yamaraja coprono il corpo sottile del criminale e lo conducono davanti a Yamaraja perché gli sia inflitto un castigo che egli possa sopportare. Il colpevole non deve morire per questa punizione, perché se morisse, chi soffrirebbe per i suoi errori? Non è competenza degli agenti di Yamaraja uccidere qualcuno. In realtà, non è possibile uccidere l’anima, che è di natura eterna. L’essere individua­le deve solo subire le conseguenze degli errori commessi nel desiderio di gratificare i sensi.

L’applicazione del castigo è descritta nella Caitanya – Caritamrta. Un tempo, quando gli uomini del re s’imposses­savano di un criminale, lo conducevano in barca in mezzo al fiume. Là lo tuffavano nell’acqua, e afferrandolo per i capelli lo immergevano completamente; infine, quando era sul punto di affogare lo facevano uscire dall’acqua, e gli permet­tevano di respirare per un po’ di tempo; dopodiché lo im­mergevano di nuovo con la testa sotto l’acqua. Come vedre­mo nei versi seguenti, gli agenti di Yamaraja si comportano così con le anime dimentiche.

VERSO 21

Mentre gli agenti di Yamaraja lo conducono via, egli tre­ma tra le loro mani, sopraffatto dalla paura. Lungo il cammi­no i cani lo mordono, ed egli ricorda gli errori della sua vita. Sente allora un terribile sconforto.

SPIEGAZIONE

Sembra da questo verso, che passando dal nostro pianeta a quello di Yamaraja, il criminale, arrestato dagli agenti di Yamaraja, sia aggredito da numerosi cani che abbaiano e lo mordono al solo fine di ricordargli le attività colpevoli da lui commesse per il piacere dei sensi. La Bhagavad-gita insegna a questo proposito che l’essere diventa praticamente cieco, e privo della capacità di ragionare, quando è assalito dal desiderio bruciante di godere dei sensi. Allora egli dimenti­ca tutto, kàmais tais tair hrta-jnanah: eccessivamente attrat­to dai piaceri materiali l’essere perde tutta la sua intelligen­za, e dimentica che dovrà subire le conseguenze delle sue azioni. Noi vediamo qui che i cani al servizio di Yamaraja permettono all’essere caduto di ricordare le sue attività col­pevoli. In realtà, quando noi viviamo nel corpo grossolano, siamo incoraggiati a sperimentare il piacere materiale, e ciò anche a causa dei governi che in ogni stato del mondo favo­riscono il controllo delle nascite. Alle donne si procura la pillola e si permette loro anche di usufruire di cliniche spe­cializzate per abortire. Tutto ciò è il risultato della corsa alla gratificazione dei sensi. L’atto sessuale, invece, è destinato a generare buoni figli, ma poiché gli uomini non hanno alcun controllo dei sensi, e non esiste alcuna istituzione che insegni questo controllo di sé, essi sono indotti a commettere attività criminali al solo fine di soddisfare i propri sensi; per questa ragione devono essere puniti dopo la morte, come spiegano queste pagine dello Srimad-Bhagavatam.

VERSO 22

Sotto un sole ardente, il criminale deve percorrere sen­tieri di sabbia bruciante attraversando foreste infuocate. I suoi carnefici lo frustano sulla schiena, quando egli non può più camminare; la fame e la sete lo prostrano, ma per sfor­tuna questa strada non offre né acqua, né riparo o luogo di riposo.

VERSO 23

Lungo questa strada che lo conduce alla dimora di Yama­raja egli cade spesso per la fatica e talvolta sprofonda nell’incoscienza ma viene forzato a rialzarsi. Così si trova ben pre­sto alla presenza di Yamaraja.

VERSO 24

Egli deve superare così novantanovemila (99.000) yojana in due o tre istanti dopodichè è subito sottoposto alle torture che merita.

SPIEGAZIONE

Uno yojana equivale a dodici o tredici chilometri. La stra­da che l’anima punita deve percorrere si estende dunque su una distanza di più di un milione di chilometri. Questo lungo viaggio si compie in pochi istanti. Gli agenti di Yamaraja coprono il corpo sottile della vittima con un involucro parti­colare in modo che l’essere possa superare questa considere­vole distanza in poco tempo e abbia la capacità di sopportare le sofferenze che gli sono inflitte. L’involucro di cui si parla, benché materiale, si compone di elementi così sottili che gli scienziati materialisti non potrebbero determinarne la natu­ra. Mentre i cosmonauti moderni sono oggi riusciti a viaggiare a una velocità di circa trentamila chilometri all’ora, dob­biamo notare che l’essere diretto alla corte di Yamaraja può superare una distanza di più di un milione di chilometri in pochi secondi soltanto; notiamo inoltre che questo viaggio si compie secondo un processo materiale, non spirituale.

VERSO 25

Egli è posto in mezzo a ceppi di legna infuocati e le sue membra sono date alle fiamme. In certi casi è forzato a man­giare la propria carne, oppure viene fatta divorare da altri.

SPIEGAZIONE

Questo verso e i tre versi successivi descrivono castighi diversi. La prima descrizione ci mostra il criminale mentre sta mangiando la propria carne, torturato dal fuoco o divo­rato da altri esseri che si trovano nella sua stessa condizione. Durante l’ultima guerra mondiale, i prigionieri dei campi di concentramento talvolta mangiavano i loro propri escremen­ti; non ci si deve dunque stupire se nel regno di Yamaraja, lo Yamasadana, coloro che hanno goduto dell’esistenza mangiando la carne di altri esseri, siano forzati a mangiare la loro stessa carne.

VERSO 26

I suoi intestini sono strappati dai cani e dagli avvoltoi infernali mentre egli vive ancora per assistere alla scena, e serpenti, scorpioni, zanzare, e altre creature, lo pungono e lo tormentano.

VERSO 27

Poi le sue membra sono strappate dal corpo e dilaniate dagli elefanti. Egli viene scagliato giù dalla cima delle mon­tagne e imprigionato sotto l’acqua o in una caverna.

VERSO 28

Gli uomini e le donne che hanno basato la loro esistenza sull’appagamento dei desideri sessuali illeciti sono posti in ogni sorta di condizioni miserabili negli inferni detti Tamisra, Andha-tàmisra e Raurava.

SPIEGAZIONE

L’esistenza materiale si basa sulla vita sessuale. Tutti i materialisti, infatti, costretti a dure tribolazioni nel corso della loro lotta per l’esistenza, fondano la loro vita sul piacere sessuale. La civiltà vedica, invece, ammette le attività sessuali in modo limitato. Esse sono destinate alle coppie sposate e solo nell’ambito della procreazione. Coloro che, al solo scopo di soddisfare i sensi, ricorrono all’unione sessuale in modo illegale e illecito, devono aspettarsi, uomini e donne, di subire un severo castigo nel corso della stessa vita o dopo la morte. In questa vita essi possono essere colpiti da malattie infettive come la sifilide o la gonorrea, e dopo la morte, come vediamo da questo passo dello Srimad­ Bhagavatam, devono subire differenti forme di sofferenze infernali. Anche il primo capitolo della Bhagavad-gita con­danna con forza la vita sessuale illecita, e aggiunge che colo­ro che generano bambini con un’unione illecita dovranno andare all’inferno. Ciò è confermato qui dallo Srimad­ – Bhagavatam, dove è affermato che tali offensori sono inviati all’inferno Tàmisra, Andha-tàmisra e Raurava.

VERSO 29

Sri Kapila continuò:

Mia cara madre, si dice talvolta che l’uomo conosce il cielo o l’inferno su questo stesso pianeta, perché anche qui sono visibili castighi infernali.

SPIEGAZIONE

Talvolta i non-credenti rifiutano gli insegnamenti delle Scritture che riguardano l’inferno, e respingono le loro de­scrizioni autentiche. Sri Kapila conferma dunque la loro esat­tezza, affermando che queste condizioni infernali sono visi­bili anche sulla Terra; esse, infatti non esistono soltanto sul pianeta di Yamaraja. Là il peccatore ottiene la possibilità di esercitarsi a vivere nelle condizioni infernali alle quali sarà sottoposto nella sua vita futura, dopodichè egli rinascerà su un altro pianeta per continuare là la sua esistenza infernale. Se per esempio, un uomo è condannato a vivere all’inferno e a cibarsi di escrementi e di urina, egli dovrà prima eserci­tarsi sul pianeta di Yamaraja per ottenere poi una forma di corpo particolare, in questo caso quello di un maiale, che gli permetterà di mangiare escrementi e pensare di godere così dell’esistenza. Come è già stato menzionato, in tutte le con­dizioni, anche nelle più abominevoli, l’anima caduta si crede felice. Altrimenti le sarebbe impossibile sopportare condi­zioni di vita così infernali.

VERSO 30

Dopo aver lasciato il corpo, l’uomo che ha provveduto alle sue necessità e a quelle della sua famiglia con attività colpe­voli deve sopportare una vita infernale, e con lui i suoi parenti.

SPIEGAZIONE

L’errore della civiltà moderna consiste nel fatto che l’uo­mo non crede all’esistenza di una vita futura. Ma che vi creda o no, questa vita esiste, e se egli non conduce un’esistenza responsabile, seguendo le istruzioni di Scritture autorizzate, come i Veda e i Purana, dovrà soffrire. Nelle specie inferiori l’essere non è responsabile delle sue azioni perché è costret­to ad agire in un certo modo; ma allo stadio evoluto della coscienza umana, se l’essere non si assume la responsabilità dei suoi atti, conoscerà sicuramente un’esistenza infernale, come quella descritta in queste pagine.

VERSO 31

Solo, egli raggiunge le regioni tenebrose dell’inferno dopo aver lasciato il suo corpo presente, e il denaro, che si è pro­curato invidiando altri esseri, è il prezzo che paga per lasciare questo mondo.

SPIEGAZIONE

Quando un uomo guadagna del denaro con mezzi disone­sti e lo usa per provvedere alle sue necessità e a quelle dei suoi parenti, numerosi componenti della sua famiglia ne approfitteranno, ma lui solo andrà all’inferno. Una persona che gode dell’esistenza guadagnando in questo modo del denaro, op­pure invidiando la condizione altrui, e prova piacere nel vive­re con la famiglia e gli amici, dovrà raccogliere da sola il frutto delle colpe accumulate nel corso della sua esistenza di violenza e di iniquità. Se, per esempio, un uomo ottiene del denaro uccidendo qualcuno e lo utilizza per mantenere la sua famiglia, coloro che beneficiano di questi oscuri guadagni devono assumersi una certa parte di responsabilità, e per questo an­dare all’inferno; ma il capo della famiglia sarà castigato in modo particolare. Il risultato del godimento materiale è che la persona porta con sé la conseguenza del peccato, ma non il denaro. Il denaro che si è potuto guadagnare resta in questo mondo, e ciò che si porta con sé è la conseguenza del peccato. Anche in questo mondo, se una persona commette un assassinio per denaro, i suoi familiari non saranno impiccati, sebbene la colpa si ripercuota anche su di loro. Invece l’uomo che si è reso colpevole di assassinio, e ha mantenuto la sua famiglia col denaro così guadagnato, sarà impiccato per il suo delitto. Naturalmente, chi ha commesso direttamente il cri­mine sarà più responsabile della colpa commessa di chi ne ha potuto beneficiare in modo indiretto. Per questa ragione Canakya Pandita; il grande erudito, sosteneva che è meglio spendere ciò che si possiede per la causa del sat, ossia di Dio, la Persona Suprema, perché non è possibile portare i propri beni con sé all’altro mondo. Essi restano qui e sono irrime­diabilmente perduti per noi. O noi ci separiamo dal denaro o è il denaro che si separa da noi, ma in un modo come nell’altro noi non potremo conservarlo. Quindi, il miglior uso che noi possiamo farne, finché esso è in nostro possesso, sarà quello di spenderlo allo scopo di favorire la coscienza di Krsna.

VERSO 32

Così, seguendo il disegno del Signore Supremo, colui che si è limitato à mantenere i suoi parenti si vede immerso in una condizione infernale, e dovrà soffrire a causa delle sue attività colpevoli come un uomo che ha perduto la sua for­tuna.

SPIEGAZIONE

Questo verso paragona la sofferenza del peccatore a quel­la di un uomo che ha perduto la sua fortuna. La forma umana è ottenuta dall’anima condizionata soltanto dopo numerosissime esistenze, e ciò costituisce un dono prezioso: Se inve­ce di usarla per ottenere la liberazione, l’uomo la usa per mantenere la sua cosiddetta famiglia, e a questo scopo si dedica ad attività insensate e contrarie a ogni metodo auto­rizzato, può essere paragonato a un uomo che ha perduto la sua fortuna e si lamenta. Una volta che il denaro è perduto, lamentarsi non serve a niente, ma finché è ancora in nostro possesso dev’essere usato in modo appropriato per ricavarne un beneficio eterno. Si potrebbe pensare che quando un uomo lascia qui il denaro, che ha guadagnato commettendo varie colpe, si scarichi anche delle sue attività colpevoli. Ma il nostro verso indica in modo preciso che secondo le dispo­sizioni prese a un livello superiore (daivenasaditam), l’uomo porta con sé gli effetti delle sue colpe, benché lasci dietro di sé il denaro guadagnato in modo disonesto. Se, per esempio, un uomo ruba del denaro, anche se è arrestato ed accetta di restituire il denaro preso, non sfuggirà ugualmente al castigo che merita.

Secondo la legge dello Stato, anche se restituisce il dena­ro, dev’essere punito. Similmente, anche se l’uomo, moren­do, abbandona il denaro che si è procurato con metodi diso­nesti, porta tuttavia con sé l’effetto delle sue colpe secondo una giustizia superiore, e deve quindi conoscere un’esisten­za infernale.

VERSO 33

Perciò, chiunque aspiri intensamente a mantenere la propria famiglia e i propri parenti fino al punto di ricorrere esclusivamente a mezzi illeciti, andrà senza alcun dubbio nella regione più tenebrosa dell’inferno, che è chiamata Andha-tàmisra.

SPIEGAZIONE

Tre parole in questo verso sono molto significative. Kevalena ossia “con mezzi oscuri”, adharmena ossia “em­pio”, “irreligioso” e kutumba-bharana ossia “il mantenimen­to di una famiglia”. È certo dovere di un uomo sposato prov­vedere ai bisogni della sua famiglia, ma egli deve guadagnar­si da vivere con i mezzi indicati nelle Scritture: La Bhagavad­ gita spiega che Dio ha diviso la società in quattro gruppi, o varna, secondo la natura e le attività di ciascuno. Anche senza tenere conto della Bhagavad-gita, possiamo vedere che in ogni società l’uomo è preso in considerazione sulla base della sua natura e della sua attività. Chi fabbrica mobili è chiamato falegname e chi lavora con un martello e un’in­cudine è chiamato fabbro. Similmente, il medico e l’ingegne­re hanno ciascuno la loro denominazione e il loro proprio dovere. Tutte le attività dell’uomo sono state divise dal Si­gnore Supremo secondo quattro varna, costituiti dai brahmana, dagli ksatriya, dai vaisya e dai sudra. La Bhagavad­ – gita e altri Scritti vedici definiscono i doveri specifici di cia­scuno di questi gruppi sociali.

Si tratta dunque di vivere onestamente secondo la pro­pria natura. L’uomo non deve guadagnarsi da vivere con mezzi ambigui o con attività per le quali non è qualificato. Se un brahmana adempie le funzioni di sacerdote per illu­minare i fedeli sulla via della spiritualità, ma non possiede le qualità richieste per questa missione, non fa che ingan­nare gli altri. L’uomo non deve ricorrere a mezzi così diso­nesti, e lo stesso principio vale per gli ksatriya e per i vaisya. È raccomandato, in modo particolare a coloro che si sfor­zano di progredire nella coscienza di Krsna, di adottare mezzi di sussistenza molto semplici e perfettamente onesti. Questo verso stabilisce che chiunque si assicuri la sopravvivenza con mezzi disonesti (kevalena) sarà inviato nelle regioni più oscure dell’inferno. D’altra parte, invece, non vi è niente di male per un uomo sposato provvedere ai bisogni dei suoi familiari con mezzi onesti e secondo le vie prescritte.

VERSO 34

Dopo aver sperimentato tutte le condizioni di sofferenza infernali e dopo aver conosciuto, secondo l’ordine naturale, le forme più basse di vita animale, l’essere che si è così pur­gato dalle sue colpe rinasce di nuovo in una forma umana su questa Terra.

SPIEGAZIONE

Come un detenuto è rilasciato dopo aver scontato la sua pena in prigione, l’uomo che ha saputo compiere solo attivi­tà empie e malvagie deve affrontare condizioni di vita infer­nali nel corso di differenti esistenze, a volte tra i gatti, a volte tra i cani, i maiali, o in altre specie di animali inferiori, dopodichè ritrova la sua forma umana secondo il processo graduale dell’evoluzione.. La Bhagavad-gita insegna che anche se una persona, praticando lo yoga, non raggiunge la perfezione e cade dalla sua posizione per qualche ragione, ha la garanzia di rinascere almeno tra gli uomini. È detto inoltre che una persona, pur essendosi allontanata dalla via dello yoga, ottiene di rinascere in una famiglia molto agiata o virtuosa. Per “famiglia agiata” bisogna intendere una fa miglia di ricchi mercanti perché, in generale, coloro che si dedicano al commercio e agli affari diventano ricchi. Così, chi inizia la strada della realizzazione spirituale, che consiste nel ritrovare il legame che ci unisce alla Verità Suprema e Assoluta, ma non raggiunge il fine, ottiene di rinascere in una famiglia ricca o in una famiglia di brahmana virtuosi; in entrambi i casi ha la garanzia di rinascere all’interno della società umana nella sua vita futura. Possiamo quindi conclu­dere che chiunque non desideri sperimentare un’esistenza infernale nel regno di Tamisra e di Andha-tamisra, deve adottare la via della coscienza di Krsna, che è lo yoga più perfetto; infatti anche se non si giunge a completare la pro­pria coscienza di Krsna in questa vita, si ha la sicurezza di rinascere almeno tra gli uomini, mai si verrà posti in condi­zioni di vita infernali. La coscienza di Krsna è l’esperienza più pura, ed impedisce a tutti di scivolare verso l’inferno e di rinascere in una famiglia di cani o di maiali.

CAPITOLO 3

La formula della pace

Il grande errore della civiltà moderna è quello di permet­tére all’uomo di appropriarsi di beni che appartengono ad altri, come se fossero beni di sua proprietà e di turbare così l’ordine stabilito dalle leggi della natura. Queste leggi sono molto rigide e nessuno può violarle. Solo la persona coscien­te di Krsna giunge senza difficoltà à liberarsi dal giogo di queste leggi e a conoscere felicità e pace in questo mondo.

Come le leggi e il ministero della giustizia proteggono lo Stato, così le leggi della natura proteggono l’universo, all’in­terno del quale la Terra è solo un minuscolo punto. La natura materiale è una delle energie di Dio, proprietario supre­mo di tutto ciò che esiste. La Terra, dunque, appartiene a Lui, ma gli esseri che la popolano, e in particolare gli uomini che si definiscono civili, condizionati come sono da false concezioni individuali e collettive, rivendicano un diritto di proprietà che spetta al Signore. Se volete la pace, queste false concezioni devono sparire dalla vostra mente e dalla società intera. Il diritto di proprietà che la razza umana pre­tende di esercitare su questa Terra è la causa di tutti i conflitti che turbano la pace nel mondo.

Individui insensati, cosiddetti civili, mirano ad usurpare il diritto di proprietà di Dio perché si sono allontanati da Lui. Felicità e pace non possono regnare in un mondo ateo. Sri Krsna dichiara nella Bhagavad-gita di essere il vero benefi­ciario di tutte le attività dell’uomo, il Signore Sovrano di tutti gli universi, l’amico e il benefattore di tutti gli esseri. Il gior­no in cui gli uomini del mondo intero comprenderanno che in queste verità risiede la formula della pace, la pace regnerà sulla Terra.

Per conseguenza, se desiderate anche minimamente que­sta pace, dovete rinnovare la vostra coscienza e diventare coscienti di Krsna, a livello individuale e collettivo. A questo scopo è sufficiente adottare il facile metodo che consiste nel cantare i Santi Nomi di Dio. Questa è la via d’azione precisa e riconosciuta che si deve intraprendere per portare la pace nel mondo. Perciò noi vi esortiamo tutti a diventare coscien­ti di Krsna cantando il mantra Hare Krsna, Hare Krsna, Krsna Krsna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare.

Pratico, facile e sublime, questo metodo fu introdotto in India circa 500 anni fa da Sri Caitanya ed è ora offerto all’Oc­cidente. Mettete in pratica questo canto meditativo, realiz­zate la vostra vera posizione studiando la Bhagavad-gita così com’è e riallacciate il legame che vi unisce a Dio, a Krsna. Pace e prosperità seguiranno allora naturalmente nel mon­do intero.