I più famosi re di nome Bharata sono tre:
1. Fratello di Rama
Figlio di Dasharatha, re di Ayodhya – capitale del regno di Kosala – e della regina Kaikeyi. Quest’ultima convinse il marito a scegliere come suo successore Bharata, il figlio avuto dal matrimonio con Kaikeyi. Rāma, che era principe ereditario del regno dei Kosala, venne così privato ingiustamente del diritto al trono e inviato in esilio cfr.: Ramayana).
2. Figlio di Sakuntala
Figlio di Sakuntala e di Dusyanta, divenne monarca universale: lìIndia prese da lui il nome Bharata-varsa. Avo dei Pandava e dei Kaurava.
3. Maharàja Bharata
La storia è narrata nello Srimad Bhagavatam, canto 5, capitolo 8.
Preso l’ordine da sannyasa, sebbene Maharaja Bharata fosse molto elevato, cadde dalla sua posizione a causa dell’attaccamento per un cerbiatto. Un giorno, dopo aver praticato le sue abluzioni abituali nel fiume Gandaki, mentre cantava il suo mantra, vide una cerva che veniva al fiume per abbeverarsi. All’improvviso si senti il ruggito assordante di un leone, e la cerva ebbe così paura che immediatamente diede alla luce il cerbiatto che portava in grembo. Attraversò poi il fiume, ma mori subito dopo. Preso da compassione per il piccolo senza madre, Maharaja Bharata lo salvò dalle acque, lo prese presso di sé e si occupò di lui affettuosamente. A poco a poco si attaccò a questo cerbiatto a tal punto che pensava costantemente a lui con tenerezza. Crescendo, l’animale divenne il compagno costante di Bharata Maharaja e questi continuò a occuparsene. Finì col pensare cosi intensamente a questo cerbiatto che la sua mente perse la serenità -quanto più si attaccava, tanto più il suo servizio devozionale si allentava. Benché un tempo avesse saputo rinunciare al suo regno opulento, ora si era attaccato a un cerbiatto. Giunse così ad abbandonare la sua pratica meditativa dello yoga. Un giorno che l’animale si era allontanato, Maharaja Bharata divenne così inquieto che partì alla sua ricerca; correndo in tutte le direzioni e piangendo in assenza del suo amico, fece una caduta che gli fu fatale. Poiché i suoi pensieri erano pieni dell’immagine del cerbiatto, naturalmente riprese vita nel grembo di una cerva. Tuttavia, grazie ai notevoli progressi spirituali che aveva compiuto, egli non perse il ricordo della sua vita passata, sebbene si trovasse nel corpo di un animale. Poté cosi comprendere perchè fosse caduto dal piano elevato in cui si trovava prima; ricordando la sua condizione passata lasciò la cerva, sua madre, per tornare a Pulahasrama, dove poté mettere fine alle sue attività interessate; e quando giunse la morte fu liberato dal suo corpo di cervo.
Successivamente rinacque come Jada Bharata.
SB 5.8.27
tadanim api parva-vartinam atmajam ivanusocantam abhiviksamano
mrga avebhinivesita-mana viasrjyalokam imam saha mrgena kalevaram
mrtam anu na mrta-janmanusmrtir itaravan mrga-sariram avapa.
Venuta l’ ora della sua morte, il re vide il cerbiatto seduto vicino a lui come se fosse stato il proprio figlio e stesse piangendo per la sua partenza. A dire il vero i pensieri del re erano sempre assorti nel corpo di questo animale; di conseguenza -come nel caso di tutti gli esseri che non hanno coscienza di Krishna- egli lasciò questo mondo, il cerbiatto e il corpo materiale per ricevere a sua volta un corpo di cerbiatto. In compenso ebbe un vantaggio: benché avesse perduto la sua forma umana e avesse ricevuto il corpo di un piccolo cervo, non dimenticò gli avvenimenti della sua vita passata.
5.8.31
tasmin api kalam pratiksamanah sangac ca bhrsam udvigna atma-
sahacarah suska-parna-trna-virudha vartano mrgatva-nimittavasanam
eva ganayan mrga-sariram tirthodaka-klinnam ut-sasarja.
Vivendo in questo asrama, l’illustre re Bharata Maharaja fu molto attento a non cadere vittima di qualche cattiva compagnia. Senza rivelare il suo passato a nessuno, dimorò in questo luogo, nutrendosi solo di foglie secche. In realtà non era veramente solo, perché aveva la compagnia dell’ Anima Suprema. Cosi attese in questo corpo di cervo il momento della morte. Bagnandosi in questo luogo sacro fini col lasciare questo corpo.
Jada Bharata
SB 5.9.1/2
sri-suka uvaca
atha kasyacid dvija-varasyangirah-pravarasya sama-dama-tapah
svadhyadhyayana-tyaga-santosa-titiksa-prasraya-vidyanasuyatma-
jnananada-yuktasyatma-sadrsa-sruta-silacara-rupaudarya-guna nava
sodarya agaja bahuvur mithunam ca yaviyasyam bharyayam. yas tu
tatra pumams tam-parama bhagavatam rajarsi-pravaram bharatam
utsrsta-mrga-sariram carama-sarirena vipratvam gatam ahuh.
Srila Sukadeva Gosvami continuò:
Mio caro re, dopo aver lasciato il corpo di cervo, Bharata maharaja rinacque in una famiglia molto pura di brahmana. Suo padre era un brahmana che apparteneva alla dinastia di Angira e possedeva pienamente tutte le qualità brahminiche. Controllava la mente e i sensi e aveva studiato le Scritture vediche e le altre opere complementari. Era esperto nel distribuire la carità, era sempre soddisfatto, tollerante, molto gentile, colto e libero dall’ invidia. Aveva realizzato il proprio se spirituale e s’ impegnava nel servizio di devozione al Signore rimanendo sempre immerso nell’ estasi. La sua prima moglie gli aveva nove figli ugualmente qualificati, e dalla seconda moglie aveva avuto due gemelli, fratello e sorella, di cui il maschio era il più grande devoto, e il principale tra i re santi -Bharata Maharaja. Ecco dunque la storia della sua vita dopo che ebbe lasciato il corpo di cervo.
B 5.9.3
tatrapi svajana-sangac ca bhrsam udvijamano bhagavatah karma-bandha-
vidhvamsana-sravana-smarana-guna-vivarana-caranaravinda-yugalam
manasa vidadhad atmanah pratighatam asankamano bhagavad-
badhira-svarupena darsayam asa lokasya
Poiché era stato particolarmente benedetto dalla grazia del Signore, Bharata Maharaja poté ricordare la sua vita passata, e sebbene avesse ricevuto il corpo di un brahmana aveva molta paura dei suoi parenti e amici che non erano devoti. Era sempre molto attento a queste compagnie perché temeva di cadere di nuovo, scelse quindi di comportarsi agli occhi del pubblico come un pazzo, cieco e sordo, in modo che nessuno potesse parlargli. In questo modo evitò le cattive compagnie. Dentro di se meditava sempre sui piedi di loto del Signore e cantava le Sue glorie, che possono salvare l’ essere dai legami dell’ azione interessata. In questo modo poté sottrarsi alla compagnia pericolosa dei non-devoti.
SB 5.9.4
tasyasi ha va atmajasya viprah putra-snehanubaddha-mana-
asvamavartanat samskaran yathopadesam vidadhana upanitasya ca punah
saucacamanasin karma-niyaman anabhipretan api samasiksayad anusistena
hi bhavyam pituh putreneti.
Il cuore del brahmana era sempre pieno di affetto per suo figlio, Jada Bharata (Bharata Maharaja), perciò provava per lui un grande attaccamento. Poiché Jada Bharata non era adatto a entrare nel grhastha-asrama, si limitò a compiere i riti di purificazione propri del brahmacarya-asrama. E benché egli non desiderasse affatto accettare le istruzioni del padre, il brahmana lo istruì ugualmente come mantenersi pulito e lavarsi, pensando che un figlio deve essere educato.
SB 5.9.5
sa capi tad u ha pitr-sannidhav evasadricinam iva sma karoti chandamsy
adhyapayisyan saha vyartibhih sapravana-siras tripadim savitrim graisma-
vasantikan masan adhiyanam apy asamaveta-rupam grahayam asa.
Benché suo padre continuasse ad istruirlo adeguatamente della comprensione vedica, Jada Bharata si comportava davanti a lui come uno scemo affinché egli lo credesse inadatto a ricevere i suoi insegnamenti e abbandonasse ogni tentativo di educarlo. Agiva in contrasto con ciò che gli veniva insegnato; cosi, benché gli fosse stato detto di lavarsi le mani dopo aver evacuato, egli lo faceva prima. Ciò nonostante suo padre desiderava istruirlo sui Veda nel corso della primavera e dell’ estate. Cercò di insegnarli il Gayatri, che comprende l’omkara e il vyahrti, ma in capo a quattro mesi non era riuscito ancora ad avere alcun successo.